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Democrazìa Proletaria (DP).

Partito politico italiano. Nato ufficialmente nell'aprile 1978, raccolse l'eredità di un cartello di gruppi extraparlamentari della Nuova Sinistra (Avanguardia Operaia, Lega dei Comunisti, PDUP-Manifesto) che già si erano presentati alle elezioni del 1976. Collocato alla sinistra del PCI, con posizioni critiche nei confronti dei partiti della sinistra tradizionale, la nuova formazione iniziò una sua politica autonoma particolarmente orientata alla difesa dei diritti dei lavoratori. Dopo essere riuscita a far eleggere Mario Capanna al Parlamento europeo nel 1979, DP ottenne un discreto successo anche alle regionali del 1980. La preferenziale attività demoproletaria per la difesa dei diritti dei lavoratori, svolta durante la segreteria di Capanna, portò nelle politiche del 1983 a un incremento dei suffragi, con particolare radicamento del partito nelle zone operaie del Nord. Al relativo successo elettorale seguì l'impegno per alcuni referendum riguardanti: la legge sulle liquidazioni (annullato dalla Corte di Cassazione), il decreto di taglio ai punti di contigenza voluto dal Governo Craxi, l'estensione dello Statuto dei lavoratori anche alle aziende con meno di 15 dipendenti. Nel 1987 la segreteria passò a Giovanni Russo Spena, sotto la cui guida cominciarono ad emergere significative divergenze di opzioni politiche fra l'ala cosiddetta ecologista (Edo Ronchi) e quella più operaista (Luigi Vinci). Questa situazione portò a una scissione di fatto quando, nel 1989, una parte della delegazione parlamentare si iscrisse al gruppo misto per poi confluire in quello dei Verdi. Anche elettoralmente DP subì un netto calo alle amministrative del 1990. Nel giugno 1991, in seguito allo scioglimento e alla scissione del PCI, la direzione e il Congresso del partito decisero di confluire nel Partito della Rifondazione Comunista (V. COMUNISTA ITALIANO, PARTITO).