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Delfi.

(o Delfo). Località della Grecia, in Focide, posta a 570 m s/m., sul versante sud-occidentale del monte Parnaso, a circa 7 km dal golfo di Corinto. Sito archeologico, fu sede nell'antichità del più importante santuario oracolare panellenico. Il medesimo nome porta l'attuale villaggio sorto poco lontano, nel 1892, per permettere gli scavi. ● St. - La tradizione mitica, nelle fonti dell'Inno omerico ad Apollo, di Esiodo e di Eschilo, afferma che D. era già in tempi remoti, e poi in età micenea, luogo di culto oracolare prima di Ghé, la divinità femminile della Terra, poi di Themis e in ultimo di Poseidone. Infine Apollo conquistò l'oracolo uccidendo il demone locale Pitone, un serpente di sesso femminile, da cui derivò alla divinità l'appellativo Pitico. La tomba del demone fu segnata da una pietra che, in quanto coincidente con il centro del mondo, era detta omphalós: ombelico. In ricordo della sua impresa, Apollo stesso istituì i giochi pitici, i più solenni per i Greci dopo quelli di Olimpia. La località rimase scarsamente abitata fra l'ultimo periodo del Tardo Elladico (1130 a.C. circa) e il Tardo Geometrico (VIII sec. a.C. circa), quando il culto di Apollo prese importanza, ereditando e assimilando al suo interno anche le tradizioni cultuali che lo avevano preceduto. A tali rituali di tipo ctonio era sicuramente legata la figura mediatica della sacerdotessa, detta Pizia, di cui il dio si impossessava per emettere l'oracolo, successivamente interpretato da un collegio sacerdotale, redatto in forma poetica e poi consegnato per iscritto. In origine Apollo oracolava una sola volta all'anno, in primavera, perché durante gli altri mesi si riteneva che non fosse presente nel santuario, ma in visita presso altri popoli. Poi si stabilì un giorno mensile in cui si poteva consultare la Pizia, dopo opportune offerte e sacrifici. L'oracolo veniva interpellato da città e da singoli per questioni religiose, cultuali, politiche e sociali. L'epoca di grande influenza dell'oracolo di D. sulla civiltà ellenica fu principalmente quella in cui si affermò la forma della pólis: città-stato. Al centro dell'anfizionia (V.) delfico-piliaca, che comprendeva dodici popoli, D. regolò rapporti giuridici e politici fra queste città, oltre ad assumere grande importanza economica, per i capitali che le città depositavano al santuario in onore del dio, e culturale. La chiave della autorevolezza panellenica di D., infatti, può essere rintracciata proprio nella percezione che lì si conservasse un sapere sacro una volta conosciuto e poi perduto, che l'esperienza del personale contatto col divino propria della Pizia, sostanziasse l'intero culto ufficiale. Il santuario, tutore rigoroso della tradizione religiosa per cui fu sempre avverso all'introduzione di culti stranieri in Grecia (ad eccezione di quelli orfico e dionisiaco già troppo forti per essere arrestati), mantenne atteggiamenti conservatori anche in politica, appoggiando per lo più la parte gentilizia rispetto a quella democratica. Circa a metà del IV sec. a.C., quando si affermò il potere dei sovrani macedoni e l'universalismo ellenico in opposizione agli ideali gentilizi, il santuario di D. perse la sua funzione panellenica e, poco a poco, anche quella oracolare. Una breve rinascita si ebbe nel II sec. a.C., quando D. esercitò la sua autorità in relazione all'istituzione di nuovi culti, quale quello di Cibele in Roma o di Serapide ad Alessandria. Detentore di un residuo di culto e di rispetto ancora in età traianea, la chiusura del tempio fu decretata da Teodosio nel 390 d.C. ● Archeol. - Presso le pareti rocciose delle Fedriadi, che dominano la zona archeologica, sgorga la fonte sacra Castalia. Gli scavi intrapresi dalla scuola francese di Atene alla fine dell'Ottocento hanno portato alla luce, in particolare, il complesso del santuario di Apollo vero e proprio, il tempio di Atena Prónaia, lo stadio, il ginnasio e, spostati verso Nord-Ovest, gli edifici residenziali romani e bizantini. L'area del santuario era cinta da un muro ad opera poligonale del VI sec. a.C.; all'interno del recinto si svolgeva la Via Sacra che partiva dal principale dei nove accessi e arrivava con due ampie curve alla terrazza del santuario. I due lati della via erano fiancheggiati da numerosi edifici votivi dedicati dalle città elleniche. Vi si riconoscono tra gli altri: le fondazioni del tesoro dei Sicioni (dove furono rinvenute le famose metope arcaiche), quello dei Sifni (ionico, con due cariatidi e fregio in rilievo), il tesoro degli Ateniesi (dorico, con metope scolpite), quello dei Cnidi (ionico, con due cariatidi), i resti del bouleutérion, la colonna che reggeva la Sfinge dedicata dai Naxi (ora nel museo), il santuario di Ghé e i resti della stoà ionica degli ateniesi. La terrazza è sostenuta da un muro ad opera poligonale, presso il quale fu ritrovato il famoso auriga bronzeo offerto con una quadriga dalla città di Siracusa. Il secondo dei due templi arcaici precedenti, incendiatosi, fu ricostruito alla fine del VI sec. a.C. con il contributo di tutti i Greci: era un periptero esastilo, dorico, con 15 colonne laterali. Dietro alla cella si trovava l'adyton e il tripode della Pizia, posto presso l'omphalós. Davanti al tempio sorgeva un altare ionico, in marmo nero, offerto dall'isola di Chio. Alle spalle del tempio vi sono i resti della cavea del teatro, databili al IV sec.; ad Ovest, fuori dal recinto, rimangono parte delle gradinate e della pista, lunga 178 m, dello stadio del V sec.