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Degas, Edgar.

Pseudonimo di Hilaire-Germain-Edgar de Gas. Pittore e scultore francese. Di famiglia benestante, fin da giovane fu in contatto con l'ambiente artistico parigino e, pur seguendo gli studi di diritto, già a vent'anni copiava, come autodidatta, dipinti e disegni al Louvre: i capolavori di Giotto, Paolo Uccello, Mantegna, Rembrandt, Goya, Le Sueur, Holbein. Dopo aver deciso di dedicarsi interamente alla pittura, divenne allievo di Barras e di Louis Lamothe, discepolo di Ingres e, nel 1855, si iscrisse all'Ecole des Beaux Arts. Determinanti per la sua formazione furono i frequenti viaggi in Italia, dove risiedeva la famiglia paterna. Tra il 1854 e il 1859 soggiornò a Napoli, a Roma, a Firenze, a Perugia, ad Assisi, dove studiò i maestri italiani del Quattrocento e del Cinquecento (Signorelli, Botticelli, Raffaello, Bronzino). A questo periodo risalgono le sue prime opere, di ispirazione classicista e di chiara influenza accademica: gli autoritratti e i ritratti di famiglia (René de Gas à l'encrier, 1855), il Ritratto della famiglia Belelli, completato nel 1862, in cui, però, compare già una tendenza innovativa nella composizione e un'attenzione tutta realistica per il particolare espressivo e vitale. Di soggetto storico e mitologico sono le opere successive (1860-1865): Fanciulle spartane che provocano i giovani alla lotta, Alessandro e Bucefalo, Semiramide che fonda la costruzione di Babilonia, La figlia di Iefte, Le disgrazie della città di Orléans, opere ancora rigide e formalmente classiche, eppure prive di una reale organicità, poiché vi emergono singoli particolari che denunciano un'attenzione per il vero e per la vita contemporanea, sfuggendo così alle convenzioni accademiche. L'incontro con Manet, nel 1862, segnò l'ingresso di D. nel vivace ambiente culturale parigino di fine secolo: il pittore iniziò a frequentare gli artisti del movimento impressionista (Pissarro, Cézanne, Renoir, Sisley), per i quali organizzò le mostre dal 1874 al 1880, anche partecipandovi personalmente. Conobbe, inoltre, gli scrittori e gli intellettuali d'avanguardia dell'epoca, quale Zola e Duranty e, in seguito, anche Mallarmé e Valery. Nei loro programmi poetici ed estetici egli ritrovò una corrispondenza con le proprie inquietudini artistiche. In particolare rintracciò l'interesse per il reale e per l'immediatezza della vita, da cogliersi nella contemporaneità. Questo, secondo la poetica baudelairiana della "modernità", doveva essere per l'arte l'unico oggetto di esplorazione continua, proprio in quanto sempre mutevole e cangiante nella sua istantaneità, nelle sue ombre e nella sua umanità. D. rimase sempre fedele a una concezione dell'arte come indagine ed espressione della vita; ne sono testimoni la sua varietà stilistica e le tematiche delle sue opere, frutto di una continua sperimentazione e di una tensione esplorativa che rifugge da ogni staticità, sia sul piano intellettuale, sia sul piano figurativo. Oggetto della sua indagine artistica è l'umanità tutta, ora colta attraverso l'artificialità degli ambienti mondani (l'ippodromo e l'ambiente delle corse dei cavalli, il teatro, il caffè), ora colta in tutta la sua dolorosa nudità, negli ambienti popolari e soprattutto nell'immagine femminile. In questo senso, D. si distacca dall'interesse naturalistico degli Impressionisti, trascurando l'immagine en plein-air in quanto tale e concentrandosi maggiormente sugli interni, dove può emergere con maggiore crudezza il singolo tratto istantaneo di una realtà scomposta e fugace, di un'umanità desolata e perplessa, al di là delle apparenze composte e del pubblico conformismo. Rispondono a questa volontà di cogliere la vita reale oltre la statica apparenza i ritratti dipinti tra il 1865 e il 1870: La donna dei crisantemi, Ritratto di giovane ragazza, Rose Adélaide Degas, Edmondo Morbilli e sua moglie, La signorina Dihau al pianoforte, Madame Camus, Ritratto del chitarrista Pagans e del padre del pittore. In particolare, poi, D. attinge i suoi soggetti dall'ambiente teatrale, dove è ancor più evidente il contrasto tra una realtà formalmente studiata per apparire in pubblico e la realtà vera, oltre il sipario e la scena dello spettacolo. Ne nascono La signorina Fiocre nel balletto La Fonte (1868), L'orchestra dell'Opéra (1869), Il balletto di Roberto il Diavolo (1872), Scuola di ballo dell'Opéra (1872), Classe di danza (1874), Signora Fèvre o La prova di canto (1874), Ballerina che fa il saluto (1878), il pastello Cala la tela (1880) e soprattutto i disegni e gli studi a matita o a carboncino che caratterizzarono la sua produzione negli anni successivi al 1880. Alla fine degli anni Settanta risale anche una serie di quadri a pastello, di piccolo formato, ambientati al caffè concerto, di cui riproduce l'artificialità delle luci e dei colori e la convulsa agitazione delle scene e degli avventori con giochi prospettici particolari: celeberrimo è il Caffè degli Ambasciatori (1876-77). Sempre alla vita contemporanea è ispirata un'opera del 1873, dipinta a New Orleans, dove aveva soggiornato presso la famiglia materna, La Borsa del cotone; infine di un realismo sconcertante sono il celebre Assenzio (1877), per cui posarono l'attrice Ellen André e l'incisore Marcelin Desboutin, e una serie di opere incentrate sulla figura femminile: Le lavandaie (1776-78), Le stiratrici (1884), La modista (1885), nonché la serie di nudi di donne che si fanno il bagno, si lavano, si asciugano, si pettinano o si fanno pettinare, presentata in una mostra nel 1886, di cui famoso è il pastello La tinozza o Donna nella tinozza che si spugna la nuca. Tra le scene d'esterni, invece, D. predilesse l'ambiente mondano delle corse di cavalli: All'ippodromo e Fantini davanti alle tribune (1869-72), Alle corse (1877-80), Corsa di gentlemen: prima della partenza (1879), e quello più paesaggistico delle spiagge, come il celebre Sulla spiaggia (1876-77). L'indagine stilistica e tematica di D. si accompagnò alla sperimentazione tecnica sia nel materiale coloristico (olio, tempera, pastello, carboncino), sia, per gli effetti cromatici, nella combinazione di ingredienti e di particolari miscele (benzina, colla, uovo, acqua bollente), sia per il supporto (tela, cartone, carta, carta oleata). Appassionato di fotografia D. trasse spunto dalla tecnica fotografica per sperimentare nuove vie figurative che potessero imprimere nelle sue opere l'istantaneità vitale (giochi prospettici, inquadrature particolari, ombre nette come immagini in negativo). D., infine, a partire dagli anni Ottanta, si dedicò anche alla scultura quando, per una malattia agli occhi, contratta durante la guerra del 1870, si stava avviando verso la cecità: modellò in cera e in creta minute figure di ballerine e di cavalli, usando in alcuni casi materiali insoliti, quali tulle, bustini di tela, scarpine da ballo, nastri di seta. Tra le sue realizzazioni celebre è la Ballerina di 14 anni (1880). Alla sua morte, l'amico Durand-Ruel fuse in bronzo tutta la sua produzione plastica, in esemplari numerati. Per quanto non abbia avuto discepoli diretti, certamente l'opera di D. influenzò artisti successivi, come Toulouse-Lautrec, Bonnard, Vuillard e in genere il gruppo dei Nabis, fino a Matisse (Parigi 1834-1917).
Edgar Degas: “La famille Belelli” (Parigi, Louvre)