Titolo dell'opera principale di Marsilio da Padova,
composta intorno al 1324. Il
D.p. contiene la più compiuta
trattazione di epoca medioevale della teoria dello Stato, dei poteri politici e
del rapporto tra Chiesa e comunità laica. Le fonti dalle quali l'autore
partì per condurre la sua analisi furono la
Politica di
Aristotele, nella traduzione di Guglielmo di Moerbecke, e le dottrine politiche
agostiniane. Nel
D.p. Marsilio affermò l'importanza della pace,
quale valore supremo della convivenza umana. Accanto ai nemici tradizionali
della pace, già individuati da Aristotele, lo scrittore pose la Chiesa
cattolica che, per la sua eccessiva ingerenza negli affari temporali, fu
accusata di essere responsabile delle guerre e delle violenze presenti nel mondo
cristiano. Per superare la situazione descritta nell'opera, l'autore
suggerì la negazione di ogni potere coercitivo della Chiesa e
dichiarò che, in futuro, la
communitas ecclesiae avrebbe dovuto in
ogni caso trovarsi subordinata all'autorità dello Stato (imperatore o
principe) e alla sua legge. Secondo Marsilio, inoltre, indispensabile alla
conservazione della pace nella società, sarebbero stati l'abolizione dei
privilegi e delle immunità rivendicati dal clero e l'esclusione del
carattere divino dell'autorità papale. Il popolo avrebbe dovuto, in
futuro, divenire il detentore assoluto del potere, ricevuto da Dio attraverso la
ragione e la libera volontà. Il potere governativo avrebbe dovuto essere
affidato dal popolo al principe, il quale sarebbe stato deposto nel caso si
fosse rivelato responsabile di azioni tali da minacciare un'ordinata e pacifica
convivenza sociale.