Trattato in due libri di Dante Alighieri. L'opera
è incompiuta poiché, pur concepita in quattro libri, si arresta al
XIV paragrafo del secondo libro. Composta probabilmente negli stessi anni del
Convivio (a partire dal 1304), è scritta in lingua latina,
ritenuta più adatta del volgare per trattare argomenti teorici; suo scopo
è quello di dimostrare, in particolare ai dotti, l'eccellenza della
lingua volgare. Nella storia della lingua italiana l'opera riveste una
particolare importanza, anche perché rappresenta il primo tentativo di
stabilire la dignità e l'autonomia dell'italiano su basi teoriche. Il
primo libro inizia con l'esaminare l'origine delle lingue, che secondo Dante
furono da subito distinte in due categorie: le lingue volgari (
naturalis)
e quelle artificiali (
gramatica), frutto cioè di convenzioni e
immutabili, come fu il latino letterario, che fu sempre distinto dal latino
parlato. Dopo la confusione babelica delle lingue, queste, originariamente
unite, si divisero in più famiglie. Dal romanzo ebbero origine tre
linguaggi, distinti in base alla particella affermativa: lingua d'
oc (o
provenzale), lingua d'
oïl (o francese), lingua del
sì
(o italiana). Nel tentativo di indicare un volgare nazionale italiano, Dante
esamina tutti i maggiori dialetti della penisola, giungendo però a negare
la superiorità di un dialetto sugli altri. Il volgare italiano non
esiste, ma va creato, assumendo gli elementi migliori da tutti i dialetti
italiani e rispettando alcuni criteri particolari; esso dovrà essere,
secondo le indicazioni dantesche, illustre, cardinale, aulico, curiale. Il
secondo libro, almeno nella parte che ci è stata tramandata, ha carattere
più tecnico ed è dedicato all'uso di una tale lingua nella poesia,
alle materie da trattare (amore, virtù, armi), ai diversi stili (tragico,
comico, elegiaco), all'analisi della canzone.