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De rerum natura.

Poema filosofico in sei libri, di Tito Lucrezio Caro. Composto probabilmente tra il 60 e il 55 a.C. e dedicato a Caio Memmio, fu pubblicato da Cicerone dopo la morte dell'autore. Seguace, in filosofia, delle dottrine di Epicuro, Lucrezio espose nella sua opera i principi del sistema del filosofo greco, proponendosi in tal modo di aiutare gli uomini a liberarsi dai miti della religione e dalle superstizioni ataviche. Nel primo libro, al termine dell'invocazione a Venere, principio di fecondità, l'autore canta la natura e gli elementi primordiali o atomi. Dopo aver confutato il paganesimo, a prova della stoltezza e crudeltà degli uomini egli racconta il supplizio di Ifigenia. Lucrezio non nega l'esistenza degli dei, tuttavia li colloca in una lontananza che esclude ogni loro relazione con l'umanità. Nel secondo libro il poeta tratta dei moti della materia e dell'infinità dell'universo. Il terzo libro è dedicato all'anima umana, costituita, secondo il poeta, di elementi distruttibili nel loro insieme, ma eterni nella loro essenza. L'uomo è composto da tre parti mortali: il corpo, l'anima (o mente, che si trova nel petto con funzione egemonica) e un'anima come forza vitale. Nel quarto libro l'autore celebra l'uomo fisico, i sensi, l'amore. Nel quinto trovano spazio la narrazione delle prime età della Terra, delle diverse prove della natura, della comparsa degli animali e dell'uomo. Il sesto libro, infine, descrive i fenomeni naturali: i venti, la pioggia, l'arcobaleno, i vulcani, i terremoti. L'opera termina con la descrizione della terribile peste che colpì Atene negli anni 430-429 a.C.