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De oratore.

Trattato in forma dialogica sull'eloquenza, in tre libri, di Marco Tullio Cicerone, composto nel 55 a.C. e dedicato al fratello Quinto. Ha la forma del dialogo platonico; tuttavia, l'argomentazione è condotta secondo canoni aristotelici per i gradi dell'illustrazione favorevole alla tesi dell'oppugnazione e della decisione. La discussione si immagina svolta in due riprese, durante i ludi romani del 91, fra due oratori famosi, Lucio Licinio Crasso e Marco Antonio, cui fanno corona altri interlocutori minori. Crasso, nella prima giornata, sostiene la tesi che al perfetto oratore sia necessaria una profonda cultura storica, filosofica e artistica. Antonio afferma, al contrario, che per esercitare egregiamente l'arte retorica bastino le doti naturali e la pratica. Nella seconda giornata Antonio sviscera i precetti tecnici dell'inventio, dispositio, elocutio, memoria e pronuntiatio; Crasso lo segue ma come conclusione riafferma il principio che l'eloquenza non può prescindere da una seria preparazione culturale.