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De Gàsperi, Alcide.

Statista e uomo politico italiano. Militante in giovane età nei gruppi cattolici del Trentino, si impegnò in seguito, presso la facoltà di Lettere dell'università di Vienna, nell'attività irredentista. Nel 1904 a Innsbruck, in occasione di dimostrazioni studentesche, che rivendicavano l'istituzione di una facoltà di Giurisprudenza in lingua italiana, fu arrestato e rimase in carcere per 22 giorni. Conclusi gli studi nel 1905, assunse la direzione del quotidiano "Voce cattolica" e successivamente, nel 1906, quella de "Il Trentino", strumenti importanti per l'affermazione e la difesa dei diritti economici, politici e culturali della comunità italiana. Iniziata la sua attiva partecipazione alla vita politica italiana, entrò nel partito cattolico trentino, l'Unione Politica Popolare e, come suo rappresentante, fece parte del Consiglio comunale di Trento nel 1909. Nel 1911 fu eletto deputato al Parlamento austriaco, dove sostenne una posizione di moderato autonomismo per la regione trentina. Nominato consigliere alla Dieta di Innsbruck nel 1914, con lo scoppio della prima guerra mondiale si trovò in una posizione molto delicata, poiché, essendo sostenitore del neutralismo, più volte si era recato a Roma per sondare la posizione italiana nei confronti del Trentino. A pochi giorni dall'entrata in guerra dell'Italia, fu costretto a sospendere la pubblicazione del giornale "Il Trentino" e a rimanere a Vienna. Il 25 ottobre 1918, dopo la sconfitta dell'Austria, D. dichiarò, con i deputati italiani al Parlamento di Vienna, di volere l'annessione del Trentino all'Italia, nel rispetto della volontà della popolazione trentina. Nel 1919 fu tra i fondatori del Partito Popolare Italiano (PPI) e nel 1921 fu eletto deputato alla Camera per il collegio di Trento. Inizialmente fu anche favorevole al Fascismo, avendo partecipato alla fondazione del Fascio Nazionale, per ottenerne l'appoggio nella questione trentina, e accettando, nel 1922, di sostenere il Governo Mussolini. Tuttavia, quando nel 1923 furono promulgate delle leggi contro l'autonomia del Trentino e, a seguito della marcia su Roma, lo stesso don L. Sturzo si ritirò in esilio, divenutone il successore alla guida del PPI, nel 1924 si schierò contro Mussolini e il Fascismo e partecipò all'opposizione aventiniana. Fu perciò oggetto della persecuzione fascista: con le leggi eccezionali del 1926 il PPI fu sciolto e il suo mandato parlamentare decadde; fu arrestato nel 1927 e condannato a quattro anni di carcere. Graziato dopo sedici mesi e tornato in libertà, nel 1929 fu assunto dalla Biblioteca Vaticana. Nel successivo periodo di stasi forzata della sua attività politica, D. si dedicò agli studi storico-politici e alla composizione di saggi (Le direttive politico-religiose del Centro germanico, I tempi e gli uomini che prepararono la Rerum Novarum, Un maestro del corporativismo cristiano: René de la Tour du Pin), collaborando inoltre alla realizzazione di periodici, sotto vari pseudonimi. Durante la guerra riorganizzò clandestinamente il partito cattolico, elaborando il manifesto programmatico della Democrazia Cristiana (DC), conosciuto con il titolo Idee ricostruttive della Democrazia Cristiana (1943). Con lo pseudonimo di Demofilo, attraverso il quotidiano clandestino "Il Popolo”, D. divulgò le sue concezioni per un nuovo Stato democratico. Dal 25 luglio 1943, la DC entrò nel Comitato di Liberazione Nazionale (CNL), costituendone la componente moderata, e rappresentò un freno alle aspirazioni rivoluzionarie delle sinistre di orientamento marxista. La personalità di D. si rivelò, dunque, decisiva nell'orientamento politico successivo alla Liberazione. In qualità di segretario del partito fece parte dei Governi di coalizione del 1944-45, sia del primo Governo Bonomi, come ministro senza portafoglio, sia del secondo Governo Bonomi (dicembre 1944 - giugno 1945), come ministro degli Esteri, sia nel Governo Parri (giugno - dicembre 1945), ancora come ministro degli Esteri, svolgendo il delicatissimo ruolo di gestire i rapporti con gli Alleati. Caduto il Governo Parri, nel 1945 D. costituì un Governo di coalizione DC-PSI-PCI, il primo degli otto Governi che presiedette fino al 1953: il primo gli fu assegnato il 10 dicembre 1945, il secondo il 13 luglio 1946, il terzo il 2 febbraio 1947, il quarto il 31 maggio 1947, il quinto il 23 maggio 1948, il sesto il 27 gennaio 1950, il settimo il 26 luglio 1951, l'ottavo il 16 luglio 1953. I punti essenziali dei suoi primi Governi furono le elezioni amministrative del 1946, il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, che decise il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica, la fondazione di una solida democrazia sancita da una nuova Costituzione italiana, stabilita dall'Assemblea Costituente. Per quanto riguarda la politica estera, D. stesso condusse le trattative di pace e, nella Conferenza di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947, sostenne con grande dignità i diritti dell'Italia, pur essendo fra le Nazioni sconfitte. Nello stesso anno, con un viaggio negli Stati Uniti, ottenne aiuti e sovvenzioni per affrontare la difficile situazione economica italiana. In quell'occasione, con la decisione da parte di D. di partecipare al Piano Marshall, l'Italia entrò definitivamente nella sfera d'influenza statunitense, contro il parere della sinistra. Questa linea politica provocò una crisi di Governo, portando alla formazione del quarto Ministero D., costituito unicamente da partiti di centro, senza la partecipazione del PCI e del PSI. Nelle elezioni del 18 marzo 1948, la DC ottenne la maggioranza assoluta; tuttavia, anche in quell'occasione D. evitò l'estremismo di un Governo monopartitico, costituendo un Ministero con forze politiche laiche, moderate e di centro (DC, PSLI, PRI e BNL). D., infatti, riteneva che un allargamento della base governativa avrebbe favorito la formazione di un equilibrio politico stabile, in grado di garantire una rapida ripresa economica e la soluzione dei problemi sociali. Abile moderatore, riuscì a far fronte anche alla crisi interna al partito, superando le rivalità emergenti dalle varie correnti, anche grazie al prestigio internazionale di cui godeva. Durante il quinto Ministero, D. sostenne una serie di riforme, quali quella agraria e tributaria, favorì l'istituzione della Cassa del Mezzogiorno e dell'INA-Casa per la ricostruzione edilizia. D. raggiunse l'apice del consenso politico nel 1952, in occasione del Congresso della DC di Roma. Tuttavia, nelle elezioni politiche del giugno 1953, regolate da una legge elettorale maggioritaria, conosciuta come "legge truffa", i voti della DC diminuirono e D. non riuscì a ottenere la fiducia per un nuovo Governo. Ebbe così termine il periodo del "centrismo organico", la linea politica propria di D., basata sulla collaborazione dei quattro partiti moderati di centro: DC, PSDI, PRI, PLI. Nel 1953 D. fu nominato segretario della Democrazia Cristiana, che guidò fino al 1954, quando nel Congresso di Napoli lasciò la segreteria a Fanfani (Pieve Tesino, Trento 1881 - Sella di Valsugana, Trento 1954).