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Bush, George Walker Jr.

Quarantatreesimo presidente degli Stati Uniti. Figlio di George Herbert Walker (V. BUSH, GEORGE HERBERT WALKER), seguendo le orme paterne frequentò la Phillips Academy, la Yale University, dove si laureò in Storia (1968), e l'Harvard University, dove si diplomò (1975) dopo un master di Economia. Dal 1968 al 1973 fu pilota aereo della Guardia nazionale texana e nel 1975 fondò la Bush Exploration, una società di sfruttamento petrolifero ed energetico. Nel 1978 si presentò per il Partito repubblicano alle elezioni per la Camera dei rappresentanti, venendo tuttavia sconfitto dal democratico K. Hance. Grande appassionato di baseball, nel 1989 divenne uno dei soci proprietari della squadra dei Texas Rangers, della cui guida amministrativa si incaricò fino al 1994. Nel 1994 fu nominato governatore del Texas tra le fila dei repubblicani, ottenendo la riconferma dell'incarico nel 1998. Nel 2000 si candidò per le elezioni presidenziali, imponendosi sul democratico Al Gore, vicepresidente uscente, al termine di una lunga e combattuta disputa riguardante il conteggio dei voti ricevuti in alcuni Stati. Conservatore puro, intransigente moralista e rigoroso metodista, B. presentò alla Nazione un programma elettorale che comprendeva, tra l'altro, interventi a favore delle classi medie (sicurezza, tassazione più agevole, incentivazione della scuola privata), irrigidimento della morale pubblica (lotta all'aborto, alla depenalizzazione, alla droga), acquisizione da parte degli USA di un ruolo da protagonista in politica estera. Nonostante l'interesse preminente dell'amministrazione B. fosse rivolto alla risoluzione di questioni interne, il neo presidente fu costretto da subito a occuparsi di problematiche internazionali, attuando una politica estera che riscosse scarsi consensi nel mondo. Fautore di un progressivo ritiro dei contingenti statunitensi dalle zone di crisi del pianeta, rilanciò il progetto di costruzione dello scudo spaziale per proteggere il territorio degli USA da eventuali attacchi missilistici. Dopo la crisi diplomatica apertasi con la Cina nell'aprile 2001, nel giugno dello stesso anno subì dure critiche da parte di molti leader europei per il rifiuto statunitense di sottoscrivere l'Accordo di Kyoto per diminuire le emissioni di ossido di carbonio. In seguito ai sanguinosi attentati terroristici al World Trade Center e al Pentagono dell'11 settembre 2001, che ferirono profondamente gli USA e innescarono un processo di grave regressione economica, B. avviò una massiccia azione militare contro il terrorismo internazionale, sfociata nel conflitto contro l'Afghanistan (V.) iniziato il 7 ottobre 2001. Parallelamente, per garantire la sicurezza nazionale, il 26 ottobre firmò una controversa legge antiterrorismo considerata da parte dell'opinione pubblica gravemente lesiva di alcune libertà personali. Abbattuto il regime dei talebani (novembre 2001), B. ribadì che il conflitto sarebbe proseguito fino a quando non fosse stato sconfitto il terrorismo, appoggiato dall'"asse del male", composto, oltre che dall'Afghanistan, da Iraq, Iran e Corea del Nord. Scarsamente attivo nel ruolo di mediazione nel conflitto israelo-palestinese, nel maggio 2002 B. sottoscrisse con il presidente russo Vladimir Putin un importante accordo sulla riduzione degli armamenti nucleari e partecipò in Italia al vertice NATO che segnò l'ingresso ufficiale di Mosca nell'Alleanza Atlantica. Il 20 marzo 2003, secondo un disegno prestabilito fin dalla sua elezione, senza l'approvazione dell'ONU diede avvio ai bombardamenti in Iraq, considerato un Paese spalleggiatore del terrorismo. Sostenuto da altri Paesi, tra cui la Gran Bretagna e l'Italia, e fortemente criticato da altri (primi fra tutti Francia e Germania), portò avanti la missione in Iraq arrivando, il 9 aprile, alla caduta del regime di Saddam Hussein. Deciso a mantenere la presenza americana nel Paese fino alla creazione di un nuovo ordine statale interno, si ritrovò ben presto a dover fare i conti con la resistenza irachena che organizzò una serie di attentati e attacchi contro obiettivi presidiati dalle forze di occupazione alleate. In calo di popolarità per le numerose vittime americane in Iraq, recuperò la fiducia e il sostegno degli statunitensi grazie alla cattura di Saddam Hussein, avvenuta il 13 dicembre 2003. Alle elezioni presidenziali del novembre 2004, ottenne oltre 59 milioni di voti, più di qualsiasi altro presidente nella storia degli Stati Uniti d'America, e si impose sul democratico John Kerry, confermandosi per altri quattro anni alla Casa Bianca. Anche durante il suo secondo mandato, B. perseguì una politica imperniata sulla guerra al terrorimo, la competitività dell'economia, la riforma della sanità e la ricerca di nuove energie alternative per porre fine alla dipendenza statunitense dal petrolio medio-orientale. Ma la sua politica estera fallimentare in Iraq e una politica economica poco convincente per l'elettorato popolare e moderato determinarono la pesante sconfitta di B. e della sua amministrazione repubblicana alle elezioni di mid-term tenutesi il 7 novembre 2006. Persa la maggioranza sia al Senato sia alla Camera, il presidente spinse alle dimissioni il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, controverso simbolo della guerra in Iraq. Pur ammettendo di aver fatto alcuni errori nel conflitto iracheno, nel gennaio 2007 dichiarò che avrebbe inviato nuove truppe a Baghdad. Nel 2008 per osteggiare la più grande crisi finanziaria mai affrontata dagli Stati Uniti, B. approvò in via definitiva un pacchetto di misure di emergenza volto ad arginare la crisi stessa. L'obiettivo fu senz'altro quello di tentare di stabilizzare i mercati finanziari, dai quali poi dipendeva la sorte di tutti gli altri settori economici. Questo rappresentò l'ultimo atto formale di B. prima della fine del suo secondo mandato come presidente degli Stati Uniti d'America, prima di passare il testimone al nuovo presidente Barak Obama (n. New Haven, Connecticut 1946).
George W. Bush, 43° presidente degli Stati Uniti