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Burocrazìa.

(dal francese bureau: ufficio). Sistema amministrativo nel quale gli uffici pubblici esercitano un grande potere. Nonostante il fenomeno burocratico costituisca uno dei problemi-chiave della sociologia e della scienza politica moderna, il concetto di b. e burocrate non è stato ancora sufficientemente chiarito. Nel linguaggio comune è comunque andato assumendo un senso negativo, così da suscitare l'immagine di insufficienza, anonimato, pesantezza, fuga dalle responsabilità, rifiuto di ogni innovazione, per cui si è resa necessaria la distinzione fra burocrati e tecnocrati. Considerata oggettivamente, fuori dell'area sfavorevole in cui la si colloca generalmente, la b., secondo lo studioso francese Jean Meynaud, si caratterizza per quattro fattori distintivi: specializzazione dei compiti, gerarchia di autorità, rigido sistema di regole di funzionamento, accantonamento delle considerazioni relative alle persone nella gestione degli affari. La b. viene considerata nella duplice veste di strumento di esecuzione di progetti alla cui formulazione è rimasta estranea e come centro di potere che stabilisce relazioni varie con altri centri di potere della società, cioè sia come sistema di organizzazione e di collegamento, sia come centro di potere e di decisione. Ciò comporta il problema dei rapporti tra b. e democrazia. Infatti, la macchina amministrativa può uscire dalla sua funzione subordinata ed esercitare direttamente o indirettamente un'influenza sulle decisioni politiche, o esercitando una pressione, o, più spesso, resistendo ad esse e ignorando le ingiunzioni ricevute. Per questo suo fine, per un'opposizione pressoché sistematica a ogni novità e per difesa della propria routine, si serve di strumenti quali la forza d'inerzia e il soffocamento. Per quanto numerosi siano gli autori che si sono occupati del fenomeno burocratico, molte rimangono tuttora le zone d'incertezza e scarsa l'analisi scientifica, nonostante il terreno per una sociologia del fenomeno burocratico fosse stato preparato da Max Weber, cui si deve una brillante descrizione del tipo ideale di b. e un'analisi dei suoi sviluppi storici. Pressoché contemporaneamente al Weber, anche Robert Michels si è occupato del fenomeno burocratico per sottolineare che ogni azione sociale crea un'organizzazione burocratica, incompatibile con i valori della democrazia. Successivi studi sulla b. sono stati compiuti dai sociologi R.C. Merton, Ph. Selznick, A.W. Gouldner, che hanno fornito un primo schema organico da cui emergono i tratti oppressivi e di routine della b., come elemento di un circolo vizioso. Secondo Merton, la disciplina necessaria per ottenere nel quadro burocratico il necessario comportamento standardizzato ha come conseguenza l'assunzione di atteggiamenti ritualistici e sviluppa uno spirito di casta, così da scavare un fossato tra b. e pubblico. Da parte sua, Selznick considera la pressione burocratica come un fatto inevitabile e si occupa soprattutto dei mezzi di controllo di cui l'organizzazione dispone per impedire che il processo di burocratizzazione vada oltre certi limiti. Egli si sofferma in particolare su due mezzi di controllo: il meccanismo di cooptazione (basato sulla partecipazione al potere decisionale della b. specializzata) e l'indottrinamento ideologico che permette di assicurarsi una certa lealtà a tutti i livelli. Quanto a Gouldner, nella propria analisi distingue la b. basata sulla competenza dalla b. di tipo punitivo, soffermandosi soprattutto su quest'ultima che considera sotto tre aspetti: come circolo vizioso imperniato sulla subordinazione e il controllo, come un modo di comportamento con funzioni latenti, come risposta a una situazione accidentale, ma necessaria quale è la successione. Negli studi successivi, su cui si è soffermato, tra gli altri, il sociologo francese Michel Crozier, i sistemi burocratici sono stati esaminati nel quadro generale dell'evoluzione organizzativa della società industriale che ha comportato l'estendersi delle attribuzioni dello Stato e una maggior complessità dell'azione amministrativa. Da qui, la necessità di un più elevato grado di efficienza e di competenza tecnica da parte dei dirigenti della pubblica amministrazione, e quindi l'estendersi del fenomeno tecnocratico. Parallelamente il fenomeno della burocratizzazione, cioè l'insieme delle disfunzioni tipiche di ogni sistema organizzativo complesso, è stato esaminato non solo con riferimento agli enti pubblici sorti in seguito all'allargamento dei compiti dello Stato, ma anche alle imprese private, ai partiti e alle altre varie associazioni volontaristiche ordinate gerarchicamente. ║ B. italiana: per quanto riguarda in particolare la b. italiana, negli studi ad essa dedicati (numerosi, ma prevalentemente a carattere giornalistico e di ispirazione polemica), viene in genere presentata come una b. tradizionale, inefficiente di fronte ai nuovi compiti di intervento statale e di coordinazione e attuazione politica. Sotto il profilo storico, l'amministrazione pubblica italiana è il risultato della centralizzazione dello Stato unitario e dell'estensione all'intero Paese del sistema burocratico piemontese, dopo l'accantonamento delle idee di decentramento di Cavour e di Minghetti. Fin dalla sua origine, come osserva il sociologo Joseph La Palombara, la b. italiana non ha mai considerato i propri compiti come termini formali e giuridici, come applicazione della legge e mantenimento dell'ordine pubblico. È questo un atteggiamento che porta, o all'affermazione di un Governo autoritario o a una forma di paternalismo inconciliabile con una partecipazione pubblica alla pianificazione economica. Osserva ancora La Palombara che, purtroppo, le tradizioni e gli ordinamenti di carattere paternalistico nell'amministrazione piemontese "hanno influito sull'amministrazione italiana che ne ha ereditato la tendenza alla protezione degli interessi delle classi privilegiate, alla negazione dei privati diritti individuali, all'opportunismo privo di giustizia". Per queste e altre varie ragioni la b. italiana si è venuta a trovare del tutto impreparata a sostenere i ruoli che le competono in una democrazia moderna. Per i suoi vasti interessi in campo economico e sociale lo Stato dovrebbe infatti poter contare su un personale altamente capace, preparato e non indifferente od ostile di fronte agli obiettivi posti da un preciso indirizzo politico democratico. Al contrario, per quanto sin dalla costituzione dello Stato repubblicano si fosse sentita l'esigenza di una "riforma della pubblica amministrazione", per poter dar vita a una moderna democrazia pluralistica, organicamente strutturata, la sua attuazione è stata procrastinata sino ad ora. Così la mancanza di un razionale assetto della pubblica amministrazione ha contribuito a rendere più intricati i nodi e più evidenti le disarmonie e gli squilibri del nostro corpo sociale, mentre si sono accentuate le contraddizioni tra le esigenze sociali del nostro tempo e le istituzioni pubbliche, assolutamente arretrate e anacronistiche. Quando fu creato lo Stato italiano con la sua struttura democratica, non si avvertiva ancora l'esigenza né di adeguati strumenti tecnici di ricerca, né di amministratori altamente specializzati. L'amministrazione era infatti affidata prevalentemente all'apparato prefettizio che esercitava il governo locale con una certa autonomia da quello centrale, mentre la preparazione richiesta alla classe burocratica si basava quasi esclusivamente sul diritto e sulla giurisprudenza. Questo apparato è rimasto immutato, sicché, quando la macchina statale ha cominciato a doversi occupare di problemi tecnicamente sempre più complessi, hanno cominciarono ad aprirsi falle nell'amministrazione pubblica che è venuta a trovarsi in posizione sempre più arretrata rispetto allo sviluppo economico-sociale del Paese. Di conseguenza la gigantesca macchina dello Stato ha raggiunto un tale grado di disfunzione, specie al culmine della piramide gerarchica, da costituire un vero e proprio peso morto che grava sul bilancio e su tutta la vita dello Stato. Inoltre si deve anche tenere conto delle varie forme di parassitismo burocratico, come per esempio quelle degli innumerevoli enti inutili e superflui, la cui morte avrebbe dovuto essere decretata da vari decenni. In questo marasma amministrativo, che assorbe gran parte del bilancio dello Stato, viene pertanto considerata improcrastinabile l'attuazione di una riforma radicale dell'attuale b. e la creazione di nuove istituzioni di tipo amministrativo, adeguate alle strutture regionali, ai vari nuovi organismi decentrati e, soprattutto, ai molteplici compiti della pianificazione e all'intervento ordinato e creativo dello Stato in campo economico-sociale.