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Bucharin, Nikolaj Ivanovič.

Rivoluzionario e uomo politico sovietico. Studente, non ancora diciottenne aderì alla socialdemocrazia russa e lavorò come organizzatore e propagandista tra gli operai di Mosca. Arrestato varie volte, nel 1912 emigrò in Svizzera, dove aderì all'ala leninista del Partito socialdemocratico russo, nonostante ci fossero state divergenze con Lenin, soprattutto riguardo la sua tattica rivoluzionaria. Infatti, mentre Lenin si dimostrava sempre pronto a subordinare la teoria alla prassi rivoluzionaria, B. fondava le proprie teorizzazioni su di un'interpretazione più scolastica del marxismo. Soggiornò per qualche tempo in Svezia e nel 1916 si trasferì negli Stati Uniti dove pubblicò un giornale russo insieme a Trotzkij e partecipò alla costituzione di un gruppo radicale socialista, da cui sarebbe sorto il Partito comunista degli Stati Uniti. Rientrato in Russia nell'aprile 1917, assunse una posizione di primo piano all'interno del partito e, postosi a capo del "gruppo di Mosca", manifestò ancora notevoli divergenze con la linea leninista. Nel corso del 1917, prima della Rivoluzione d'Ottobre, questi scontri sfociarono nella pubblicazione di una serie di opuscoli nei quali veniva sostenuto, da parte dei "moscoviti", che l'unica soluzione possibile consisteva nella vittoria del proletariato su scala internazionale. Nel 1918, al Comitato Centrale, B. votò contro la firma della pace di Brest-Litovsk con la Germania e al Congresso bolscevico (marzo 1918) capeggiò l'opposizione di sinistra, presentando una mozione di minoranza. Entrò comunque a far parte della commissione (composta da Lenin, Trotzkij, Skol'nikov, Smirnov, Zinòev e Stalin) incaricata di redigere il programma del Partito. Occupò anche le mansioni di redattore e poi direttore della "Pravda", quindi andò spostandosi dalle iniziali posizioni di sinistra operaia verso destra e al X Congresso del Partito, nel marzo del 1921, attaccò duramente l'opposizione operaia. Oltre a far parte del Comitato Centrale, fu nominato membro della Segreteria politica, il Politburo, che era il principale organo di controllo del partito, insieme a Lenin, Trotzkij, Kamenev. B., che rientrava tra i massimi funzionari del Komintern, ne divenne presidente nel 1926, mentre era già in corso la campagna scatenata contro di lui da Stalin, che lo accusava di "deviazionismo di destra". Nel 1929 fu privato di ogni carica ma continuò comunque a militare nel partito e nel 1934 rivestì ancora il ruolo di redattore-capo dell'"Izvestija". Nel 1937 fu arrestato e l'anno successivo, nel 1938, venne sottoposto a processo e condannato a morte. Teorico schematico, non riuscì a penetrare interamente l'essenza del marxismo come sottolineò lo stesso Lenin nel suo "testamento", osservando che "le sue posizioni teoriche possono essere considerate compiutamente marxiste solo con le più profonde riserve, perché, c'è in lui una componente scolastica ed egli non ha mai appreso la dialettica - credo non l'abbia mai capita appieno". Nonostante la severità del giudizio di Lenin, il suo trattato sulla Teoria del materialismo storico rimase per vario tempo l'unica esposizione ufficiale dell'ideologia del PCUS. Assai più rilevanti risultano i suoi contributi nell'ambito dell'economia politica, in cui anticipò varie tesi leniniste sul problema dell'imperialismo. Tra i suoi scritti vanno ricordati: Programm der Kommunisten-Bolschewiken (1918, Il programma dei comunisti-bolschevichi, 1919), Das ABC des Kommunismus (1919, L'ABC del Comunismo, 1963); Ekonomija perechodnogo perioda (1920, Economia del periodo di trasformazione); Teorija istoriceskogo materialisma (1921, Teoria del materialismo storico, scritto per contestare le posizioni di K. Kautsky); Imperializm i nakoplenie Kapitala (1925, L'imperialismo e l'accumulazione del capitale, in opposizione alle tesi di Rosa Luxemburg) (Mosca 1888-1938).