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Brücke, Die.

Movimento artistico (letteralmente: il ponte) che ebbe vita in Germania nel periodo compreso tra il 1905 e il 1913 e costituì il primo momento dell'Espressionismo tedesco. Questa corrente rappresentò la reazione ai miti e alle illusioni dell'era della Belle Epoque, allora in profonda crisi. Da qualche decennio si cominciavano infatti a vedere, insieme a manifestazioni ormai prive di contenuto, a convenzioni e all'apparente benessere, i sintomi di un disagio profondo, legato a contrasti sociali, ribellioni, rivendicazioni ideologiche che, oltre a toccare l'ambito sociale, coinvolgevano profondamente quello artistico. In questo campo infatti il clima di malessere fu profondo e D.B. cercò di renderlo noto, demistificando le convinzioni di un mondo in via di estinzione inevitabile e proponendo valori più intimamente omogenei alla nuova sensibilità. Questa nuova esigenza si manifestò all'interno di ogni Paese attraverso manifestazioni autonome, derivate dalla diversa situazione sociale e artistica interna e dal diverso patrimonio etico e culturale; non in tutti i Paesi inoltre ci fu una precisa coscienza dello stretto rapporto che collegava disagio artistico e disagio sociale. In Francia, ad esempio, fu merito degli Impressionisti e dei Postimpressionisti prima, seguiti dai Fauves e successivamente dai Cubisti, il volere smantellare l'arte ufficiale del Salon per portare l'espressione figurativa su di un piano di estrinsecazione individuale più immediata e di più diretta comprensione. In Italia invece le vicende artistiche ebbero un'evoluzione più lenta che altrove, ma questo divario, dopo i Macchiaioli e la Scapigliatura lombarda, fu colmato presto dal Futurismo e dalla pittura metafisica. Nell'Europa del Nord, in Olanda, in Belgio, in Germania, la reazione che si ebbe all'accademismo ufficiale fu assolutamente emotiva e portò a una forma espressiva e a un linguaggio che, se da un lato si opponeva alle forme di rappresentazione ufficiale, in linea con il pensiero della borghesia conservatrice, dall'altro superava anche il naturalismo e l'intimismo impressionista. Questa corrente, che fu definita Espressionismo, si prefiggeva sostanzialmente di superare la concezione dell'arte come imitazione della realtà e attribuiva all'artista un nuovo ruolo: con l'Espressionismo infatti l'artista veniva considerato l'interprete, la voce critica e quindi quasi un creatore, di una realtà trasfigurata, forse brutta o imbarazzante rispetto a quella solita, ma senza dubbio più vera ed "espressiva". D.B. stette all'origine di questo vasto movimento creativo, che unificò tutte le espressioni artistiche del momento, che comprendevano il cinema, la letteratura, la musica, le arti figurative. Tale movimento, nato a Dresda nel 1905 per iniziativa di quattro studenti di architettura, fu chiamato proprio così perché il nome scelto stava a significare un ideale ponte lanciato verso l'arte del futuro. I fondatori del movimento (Ludwig Kirchner, Erich Heckel, Karl Schmidt-Rottluff e Fritz Bleyl) conducevano vita in comune e vollero elaborare una forma di espressione chiaramente in rivolta contro l'indifferenza della borghesia contemporanea. Nel 1906 si unirono al gruppo, dietro diretto invito, Emil Nolde (che poi se ne allontanerà nel 1908, in seguito a contrasti con gli altri), Erich Pechstein e, successivamente, Cuno Amiet, Akseli Gallen, Kees van Dongen e Otto Müller. L'attività del gruppo si concretò attraverso varie mostre tenute in diverse città tedesche (Dresda, Zittau, Karlsruhe, Gotha, Dortmund) e straniere (Kiel, Copenaghen, Oslo, Rostock), fino a partecipare alle collettive della Secessione di Berlino. Il pubblico non reagì in modo molto favorevole all'attività del gruppo e nel 1911 tutti i componenti decisero il trasferimento a Berlino (dove già si trovava Pechstein dal 1908), città che rappresentava allora il centro artistico più vitale della Germania. Intanto però presero a radicalizzarsi progressivamente, soprattutto per motivi personali, i contrasti di idee tra i componenti e nel 1913 il gruppo giunse a una rottura e ognuno degli artisti aderenti cercò una propria strada in modo del tutto autonomo. Al movimento rimase però il merito di aver rinnegato i valori coloristici e formali in funzione puramente armonica: "Forme e colori" scrive Kirchner "non sono belli in sé, ma diventano belli soltanto se prodotti mediante la volontà dello spirito". Ecco quindi che l'arte si trova a essere considerata tramite espressivo di valori spirituali. Il colore deve essere usato come rilevatore, simbolo allusivo di stati d'animo particolari, emozioni personali, assumendo una funzione antinaturalistica. Viene rifiutato un linguaggio precostituito, per preferire un modo volutamente stentato, eccessivo, che prescinda da qualsiasi sperimentazione precedente. Il pittore non è obbligato a usare i colori secondo un criterio di verosimiglianza, ma può scegliere all'interno di tutta la gamma esistente di colori, così come lo scultore ha la possibilità di scegliere tra i diversi materiali a sua disposizione. Il colore si trova quindi a essere magari diverso, distorto, deformante, ma è giusto che sia così, dal momento che risponde a un atteggiamento morale o affettivo dell'artista, essendo espressione del suo giudizio, della sua adesione o del suo rifiuto. Anche per gli espressionisti tedeschi, così come per i Fauves, l'arte primitiva venne assunta come punto di riferimento: in essa infatti questi artisti videro la piena creatività allo stadio di massima purezza, riconoscendone il valore sociale prima che artistico, privo delle alienazioni del mondo moderno.