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Brunelleschi, Filippo.

Architetto, scultore e orafo italiano. Tra le maggiori e più complete personalità artistiche del Quattrocento, B. ebbe una grandissima influenza sullo sviluppo dell'architettura rinascimentale italiana non tanto perché dotato di originali e personalissime qualità stilistiche, ma soprattutto per il fatto che le sue opere rispecchiavano un linguaggio e una articolazione strutturale perfettamente aderente alle istanze culturali del secolo e, inoltre, per il fatto che la sua tecnica edilizia raggiunse altissimi livelli. Proveniente, come la maggior parte degli artisti suoi contemporanei, da una formazione artigiana, sentì urgente, fin dall'inizio, l'esigenza di approfondire lo studio del mondo classico sia sul piano della ricerca estetica che di quella tecnica, dal momento che la classicità era considerata dagli artisti del Rinascimento un punto di riferimento primario da cui partire per rifondarne il carattere intuitivamente razionale sopra una logica "scientificamente" razionale. Per gli artisti del Quattrocento, infatti, il riferimento all'"arte classica" non significava, come già in parte nel Cinquecento e, più tardi, col neoclassicismo, la ripresa di un mito e di un modello, anche sociale: ora invece il ritorno al classico stava a indicare una riconquista di un'universalità che non era più concepita misticamente, come avveniva nei secoli precedenti, o trascendeva in maniera assoluta l'uomo, ma da questi era affermata in quanto mezzo per la conoscenza, alla luce della promessa di potere che la scienza assicurava all'uomo nei confronti della natura. B., coerentemente con queste premesse, nonostante operasse su commissione affrontò per primo il problema del riconoscimento della professionalità dell'artista, che fino al XIV sec. era considerato un semplice mestierante al servizio delle corti. Tale questione, anche se adesso appare anacronistica, allora poteva avere un certo peso sia per la conquista dell'indipendenza dell'espressione artistica sia, più in generale, per il progresso culturale. Come scrisse infatti Argan, "B. è il primo ad affermare il carattere intellettuale del lavoro costruttivo, a pretendere per l'architetto un rango a sé, nettamente distinto da quello dei capimastri, a porre l'architettura come ars liberalis". B. iniziò a lavorare dapprima come apprendista in un laboratorio d'orafo e restano testimonianze di questo periodo in alcune figure di Profeti nell'altare argenteo di S. Jacopo a Pistoia, risalente al 1400 circa. Partecipò quindi, nel 1401-1402, al concorso per le porte del Battistero di Firenze, in cui venne giudicato vincitore ex aequo con Ghiberti, col quale, tuttavia, non volle collaborare. B. presentò infatti al concorso una formella, raffigurante il Sacrificio di Isacco, il cui rilievo era rappresentato con una concezione stilistica incisiva e drammatica nonostante la semplicità della composizione e questo stile si allontanava completamente dall'inflessione naturalistica e dal ritmo più lento e decorativo propri di Ghiberti. In contemporanea con il mestiere di orafo (nel 1404 divenne maestro della corporazione), B. effettuò anche i primi interventi, prevalentemente di carattere tecnico, nelle "fabbriche" fiorentine e compì i primi viaggi di studio a Roma, occupandosi in simultanea di ricerche nel campo della matematica, della geometria e dell'ottica, durante le quali poté contare sull'appoggio del matematico Paolo dal Pozzo Toscanelli, grazie all'amicizia che li legava. Con Toscanelli B. elaborò le regole geometriche sulla prospettiva architettonica, che veniva considerata, contrariamente alle teorie legate all'empirismo medioevale e alla concezione puramente basata sul mestiere, una vera indagine scientifica delle leggi della visione e rappresentazione obiettiva del reale. Risale al 1421 il progetto definitivo della cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, la prima opera interamente condotta da B. Questa impresa poneva un serio problema tecnico: infatti la costruzione era rimasta interrotta nel 1360, dopo l'impostazione del tamburo ottagonale della cupola da parte di Talenti. Il fatto che il diametro della base presentasse una notevole ampiezza e che le centine di sostegno dovessero essere poste a una considerevole altezza, rendevano impossibile l'uso delle tecniche costruttive fino ad allora adottate. B. risolse il problema adottando un procedimento chiamato a "spina di pesce", costituito da cordonature di mattoni che, intersecandosi l'una con l'altra, creavano delle spinte che consentivano di reggersi senza il sostegno necessario di particolari armature. La cupola a doppia calotta a sesto acuto rispondeva inoltre sia a una esigenza di alleggerimento e di distribuzione del peso delle masse murarie, sia a una necessità di carattere stilistico: infatti mentre la calotta interna non presentava alcun elemento per sottolineare la congiunzione degli spicchi che corrispondevano ai lati dell'ottagono del tamburo, in modo da ottenere l'effetto di una proiezione dello spazio interno verso l'alto, all'esterno otto poderosi costoloni bianchi premevano gli spigoli delle vele rosse, convergendo verso la lanterna conclusiva, ponendola come fulcro ideale, oltre che come compimento spaziale, del complesso svolgersi delle superfici murarie della fabbrica sottostante. Nel 1436 terminarono i lavori della cupola e due anni dopo, nel 1438, vennero erette, sempre su progetto del B., le quattro piccole tribune tra le cappelle maggiori del corpo absidale, elementi che, aumentando la complessità dell'articolazione delle pareti, creavano un gioco plastico capace di preludere coerentemente allo slancio della cupola. B., nonostante fosse già molto maturo dal punto di vista artistico, in quest'opera fu estremamente limitato dall'impostazione trecentesca della fabbrica, che lo costringeva ad attenersi a una concezione sostanzialmente gotica. Più compiutamente rinascimentale B. si dimostrò invece nelle due opere successive: l'Ospedale degli Innocenti e la chiesa di San Lorenzo, con la relativa sagrestia. L'Ospedale degli Innocenti venne eseguito da B. tra il 1421 e il 1424 e portata successivamente a termine da altri. Di notevole interesse appare soprattutto la loggia antistante l'edificio, elemento non nuovo ma che venne qui risolta con una inconsueta leggerezza di membrature tale da farla apparire come mediazione spaziale tra il vuoto della piazza e il lineare e pieno sviluppo della superficie retrostante. Perfettamente equilibrato e armonioso risulta il gioco delle proporzioni, dagli elementi atti a sottolineare lo sviluppo orizzontale della costruzione (i nove gradini del basamento, il cornicione sovrastante, gli archi, i timpani delle finestre, lo sporgere del tetto), all'impostazione delle campate, la cui altezza delle colonne, uguale alla lunghezza della corda dell'arco, fa sì che alla mezza sfera di ciascuna volta risulti sottostante un cubo ideale. Anche il rifacimento della basilica di San Lorenzo, cui B. sovraintese nel terzo decennio del secolo, venne portato a compimento da altri dopo la morte dell'architetto. La basilica di san Lorenzo rappresenta l'opera che forse esprime maggiormente la sensibilità spaziale di B. e la sua concezione di un equilibrio geometrico formale che stabilisce un ordine prospetticamente lineare e idealmente immutabile, tanto nell'articolarsi delle luci (via via sempre più forti dalle cappelle laterali alla navata centrale e da questa verso la parte dell'altare), quanto nel ritmo lento e simmetrico dei singoli elementi. L'uso della pietra serena, particolarmente interessante nell'applicazione alla annessa sagrestia vecchia, costituisce un altro elemento di novità e fu ripreso quasi sempre da B. nelle sue opere successive. Più complesso spazialmente e più vigoroso sul piano della forma appare lo stile di B. nella cappella Pazzi (1430) e nella chiesa di Santo Spirito (iniziata nel 1436 ma portata a termine molti anni dopo la morte dell'artista), in cui emerge una nuova tendenza, costituita dall'accentrare gli elementi architettonici nel punto in cui si imposta la cupola. Da molti particolari (quali ad esempio l'uso del pulvino al termine dei capitelli e la sottile balaustra che percorre la navata centrale), appare chiaro il riferimento alla precedente chiesa di San Lorenzo. La parte centrale di palazzo Pitti (iniziato nel 1418 e ampliato nel Cinquecento) viene ora concordemente attribuita a B. Si tratta di un esempio tipico dell'architettura civile fiorentina del Quattrocento, con un senso molto limpido nelle proporzioni dei pieni e dei vuoti, delle orizzontali e delle verticali, e introduce un motivo di modulazione chiaroscurale, coerente con la concezione prospettica, che alleggerisce il rilievo della parete verso l'alto: infatti il bugnato si appiattisce progressivamente, passando dall'ordine inferiore a quello superiore. Nel campo dell'architettura civile, B. intervenne nella soluzione della facciata del palazzo di Parte Guelfa; notevole fu anche il suo contributo nell'ambito dell'architettura militare della Repubblica Fiorentina: a lui infatti risale la concezione urbanistica della fortificazione, cui si fece riferimento per tutto il periodo rinascimentale (Firenze 1377-1446).