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Bruegel, Pieter il Vecchio). Pittore fiammingo.
Stabilitosi ad Anversa all'età di diciassette anni, entrò nello
studio di Pieter Coeke van Aelst, un accademico pittore alla corte di Carlo V,
perfetto erudito, traduttore di Vitruvio. Alla morte di Coeke,
B.
passò nello studio del pittore e incisore Hieronymus Cock, il cui
laboratorio stava diventando un centro umanistico di primo piano: infatti in
questo ambiente, dove si riunivano artisti appartenenti a differenti correnti,
uomini di lettere e mercanti d'arte,
B. entrò in contatto con la
produzione dei grandi maestri italiani, con quella di Hieronymus Bosch e dei
pittori autoctoni di tradizione popolare, ai quali Cock diede grande diffusione.
Nel 1551
B. venne accolto come maestro nella Gilda di San Luca d'Aversa.
Incisore e disegnatore all'inizio della sua carriera artistica, le sue prime
opere ebbero come soggetti allegorie, vite di santi, proverbi, scene bibliche e,
più spesso, dopo il suo viaggio in Italia (1552-1553), paesaggi, il tutto
rappresentato sempre con fremente impressionismo (
Fiume in un paesaggio
accidentato, Parigi, Louvre;
Ripa Grande, Chatsworth, collezione
privata). Al suo ritorno ad Anversa,
B. si dedicò per due anni
alla composizione di opere da far incidere, eseguendone una sola di propria
mano, la
Caccia al coniglio selvatico (1566). Nel 1566 iniziò una
serie di disegni destinati all'incisione, tra i quali è da ricordare
quella dei
Sette peccati capitali, opera che è già
caratterizzata dal suo procedimento tecnico e dalla sua formula interpretativa,
secondo cui l'opera deve presentare un motivo centrale intorno al quale si
organizza e sviluppa l'esposizione narrativa. L'incursione nell'universo di
Bosch ridestò il suo spirito critico e liberò la sua
vivacità:
B. s'impegnò nella vita quotidiana e, nella serie
delle
Sette virtù (1559), realizzò un quadro vigoroso dei
costumi e degli usi del popolo, sottomesso alla vanità delle
convenzionali astrazioni della struttura che lo governa. I primi dipinti datati
e firmati, i
Proverbi fiamminghi (1559, Museo di Berlino), il
Combattimento tra Carnevale e Quaresima (1559, Museo di Vienna) e i
Giochi di fanciulli (1560, Museo di Vienna), si ricollegano alle sue
opere grafiche, ma dilatano il discorso a un mondo assurdo, retto da una sciocca
febbre collettiva. Dal momento che
B. si sentiva strettamente legato al
quotidiano, non restava per nulla indifferente agli avvenimenti che stavano per
travolgere il suo Paese. Si assisteva infatti a una violenta reazione nazionale
di fronte all'operato delle truppe spagnole, mandate da Carlo V a partecipare
alla guerra contro la Francia; inoltre questo spirito di opposizione
aumentò in seguito all'intransigenza di Filippo II che, per fronteggiare
la dilagante eresia calvinista, rinforzò i poteri dell'Inquisizione.
B. decise di mettersi dalla parte dell'opposizione. A questo periodo
appartengono
Le scimmie (1562, Museo di Berlino),
Battaglia degli
Israeliti e dei Filistei (1562, Museo di Vienna),
La caduta degli Angeli
ribelli (1562, Bruxelles),
L'andata al Calvario (1564, Museo di
Vienna),
La Dulle Griet (Anversa, Museo van der Bergh),
La Strage
degli Innocenti (Museo di Vienna),
Il Trionfo della Morte (Madrid,
Prado). Stabilitosi a Bruxelles dal 1563, si dedicò ai
Mesi
(1565), una serie di sei grandi pennelli raffiguranti i lavori nei dodici mesi
dell'anno, un'opera in cui si comincia a delineare una nuova proporzione tra gli
elementi della scena e le figure. Con il
Paese della Cuccagna (1567,
Pinacoteca di Monaco) e il
Ladro di nidi (1568, Museo di Vienna)
B. torna al folclore e allo studio dei costumi popolari, delle danze, dei
banchetti e delle scene campestri. Alle seduzioni della bellezza ideale di
Metsys, alle estasi di Gossart, ai gelidi ritratti di Antonio Moro, che erano
tutti autori contemporanei,
B. contrappone il suo microcosmo caotico e
miserabile: le sue opere infatti non evocano profumi e dolci musiche, ma odore
di sterco e grida sguaiate, baldoria, canti e imprecazioni. I soggetti che hanno
vita nei suoi quadri sono rappresentati da scene di miseria, di sventura, da
storpi, nani, mutilati di guerra, dall'Inquisizione. L'uomo che viene
raffigurato è magari piccolo, gobbo, ma è proprio a simili
individui che la natura offre la possibilità di una pace indicibile. Per
dimostrare con maggior pienezza il significato del suo sforzo, l'uomo
rappresentato è visto a volte di spalle, mentre si accinge a un lungo e
penoso dovere: lo si vede stremato mentre si arrampica lungo i fianchi di una
montagna, ma non per questo sta portando la croce sul Calvario. Egli sta
avviando un processo di costruzione per se stesso, anche se nello stesso tempo
soffre per gli altri: egli infatti resta anonimo, a simboleggiare lo sforzo e
l'azione. Egli rappresenta l'umanità in marcia, alla ricerca di qualche
obiettivo forse inaccessibile, ma cercato senza abbandoni e senza
scoraggiamenti, tra i pesi enormi delle forze della natura (Breda, Olanda 1525
circa - Bruxelles 1569).
Pieter Brueghel il Vecchio: “Danza di contadini” (Vienna, Kunsthistorisches Museum)