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Brancati, Vitaliano.

Narratore, commediografo e saggista italiano. Trascorse la fanciullezza a Catania, dove compì tutti i suoi studi e si laureò in Lettere. Insegnò poi a lungo negli istituti magistrali, prima a Catania poi a Roma, e soltanto alla fine della seconda guerra mondiale lasciò la carriera d'insegnante per dedicarsi completamente alla letteratura. Il suo esordio letterario risale al 1926, con il dramma Feodor, cui seguì Everest, nel 1930. Le sue prime prove letterarie, ispirate a un forte vitalismo e irrazionalismo, testimoniavano un'ideologia che lo portò a prender posizione a favore del Fascismo. Del periodo catanese sono il romanzo satirico L'amico del vincitore (1930), racconto a tesi d'ispirazione nietzschiana in cui B. ironizza sulla borghesia siciliana, e Piave, del 1932. Trasferitosi a Roma, B. scrisse per alcuni giornali ed entrò in contatto coi circoli liberali e crociani, finendo per ripudiare le sue precedenti esperienze e per prendere posizione contro la cultura ufficiale del ventennio. Il cambiamento di ideologia è già netto nel romanzo Gli anni perduti, del 1941, amara analisi della realtà contemporanea. Nel 1942 arrivò di colpo il successo, con Don Giovanni in Sicilia, romanzo ironico e satirico che ha per tema il "gallismo" del maschio siciliano, sempre disposto a riempire gli interminabili pomeriggi al caffè con storie mirabolanti di conquiste e di seduzioni, mentre trascina, nella realtà, un'esistenza meschina e subalterna. Nel 1945 uscì il racconto Il vecchio con gli stivali, aperta satira del Fascismo, e nel 1949 il romanzo che è forse considerato l'opera maggiore di B., Il bell'Antonio: il romanzo racconta la vicenda di un giovanotto affascinante, costretto dalle circostanze a recitare la parte del grande amatore, nonostante sia, in realtà, fisicamente impotente. La morte purtroppo colse l'autore mentre stava portando a termine Paolo il caldo, uscito postumo nel 1955 con una prefazione di Moravia: qui il tema erotico si carica di accenti drammatici e i personaggi, non più siciliani ma romani, sviluppano una più complessa problematica sociale. Brillante polemista, B. lasciò numerosi scritti di saggistica (I fascisti invecchiano, 1946; Ritorno alla censura, 1952). Oltre che giornalista ed elzevirista, fu anche autore di teatro e negli ultimi anni si dedicò attivamente al cinema come soggettista e sceneggiatore. Interessante il suo Diario (una rubrica dallo stesso titolo venne da B. tenuta a lungo sul "Corriere della Sera") (Pachino, Siracusa 1907 - Torino 1954).