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Bosnia-Erzegòvina.

Stato (51.209 kmq; 3.996.000 ab.) dell'Europa centrale. Confina a Nord, a Ovest e a Sud-Ovest con la Croazia, a Est con la Serbia e a Sud-Est con il Montenegro. Capitale: Sarajevo. Città principali: Mostar, Banya Luka, Tuzla, Zenica, Travnik, Bihač. Ordinamento: Repubblica federale divisa in due entità, ciascuna dotata di un proprio Parlamento e Governo: la Federazione croato-musulmana (51% del territorio) e la Repubblica serba (49% del territorio). La Federazione croato-musulmana è guidata da un presidente e da un vice-presidente, alternativamente croato e musulmano; il potere legislativo è esercitato dal Parlamento, formato dalla Camera dei deputati (140 membri) e dalla Camera popolare (74 membri). Anche la Repubblica serba è guidata da un presidente e un vice-presidente; l'Assemblea nazionale è composta da 140 membri. Il Parlamento centrale è costituito da due Camere: la Camera dei rappresentanti (42 deputati eletti a suffragio diretto) e la Camera dei popoli (5 delegati per ogni etnia). La presidenza centrale è formata da 3 membri eletti a suffragio universale, in rappresentanza delle 3 etnie (musulmana, serba e croata). L'Esecutivo è formato da un Consiglio dei ministri guidato da due co-primi ministri (musulmano e serbo), affiancati da un vice primo ministro croato. Moneta: marco (marka) convertibile all'euro. Lingua: serbo-croato. Religione: musulmana e cristiana (cattolica e ortodossa). Popolazione: è composta da Bosniaci, Serbi e Croati.

GEOGRAFIA

Si estende su una serie di altipiani carsici drenati dai fiumi Neretva, tributario dell'Adriatico, Bosna, Vrbas e Una, affluenti di destra della Sava. Le cime più elevate, situate, nella zona centrale, superano i 2.000 m; i rilievi della parte occidentale, occupata dalle Alpi Dinariche, sono più bassi e digradano nei pressi della Sava. Il clima è continentale; gli influssi mitigatori del mare si fanno sentire solo nella bassa valle della Neretva. Gran parte della Bosnia è occupata da foreste, mentre l'Erzegovina è brulla a causa del diffuso carsismo.
Cartina della Bosnia-Erzegovina


ECONOMIA

Il terreno inospitale e la difficoltà delle comunicazioni hanno da sempre ostacolato lo sviluppo dell'economia, fondata principalmente sull'allevamento del bestiame e sullo sfruttamento delle vaste foreste di querce e abeti e delle risorse del sottosuolo: ferro (a Ljubija e Vareš), carbone e lignite (a Zenica, Kakanj e Banovici), bauxite (a Mostar, Jajce, Bosanska e Krupa), rame (a Gornij Vakuf), salgemma, piombo e zinco. Con la guerra civile, scoppiata nel 1992 e protrattasi fino al 1995, la situazione si è notevolmente aggravata e oggi la B. è in grado di riavviare le attività economiche di un tempo grazie agli interventi degli organismi internazionali quali la Banca Mondiale e l'Unione europea. L'attività agricola, praticata nelle valli fluviali e nell'area pianeggiante settentrionale, è modesta (mais, frumento, patate, tabacco, frutta) e poco produttiva. L'industria, ancora arretrata, è attiva nei settori siderurgico (a Zenica e Vareš), metallurgico (a Tavnik), meccanico, del legno (a Sarajevo e Banya Luka), della carta (a Vareš), del cemento, tessile, chimico (a Tuzla) e alimentare (Brčko). Lo status speciale proprio della città di Brčko, non appartenente a nessuna delle due entità statali, l'ha fatta diventare centro pilota per gli investimenti industriali e commerciali esteri.

STORIA

Nacque nel 1946 dall'unione della Bosnia con l'Erzegovina, diventando una Repubblica federata della Jugoslavia. Proclamata l'indipendenza il 5 aprile 1992, fu in seguito dilaniata da una guerra sanguinosa con conseguenze pesantissime per la popolazione. Le forze serbe, infatti, attuarono in B. un insieme di pratiche, denominate "pulizia etnica", miranti all'omogeneizzazione nazionale forzata, attraverso l'eliminazione dei Musulmani e dei Croati. Il conflitto portò a una riduzione radicale del territorio della ex B.: il 70% si trovò sottoposto al controllo delle forze della autoproclamata Repubblica serba di B., sotto l'autorità di Radovan Karadžic; il 20% entrò in possesso dei Croati di B., sotto la guida di Mate Boban. La comunità internazionale, per tentare una soluzione del conflitto, elaborò in un primo momento (gennaio 1993) il Piano Vance-Owen (dal nome dei due copresidenti della conferenza di pace, Cyrus Vance dell'ONU e David Owen della CEE) che prevedeva la divisione della B. in dieci province dotate di autonomia, creando una confederazione dei tre popoli di B.: Musulmani, Serbi, Croati. Dopo il rifiuto opposto dai Serbi al piano di pace Vance-Owen, il 13 agosto 1993 il consiglio di sicurezza dell'ONU votò una risoluzione di condanna del progetto di "pulizia etnica" intrapreso dai Serbi e decise l'istituzione di un Tribunale internazionale per giudicare i responsabili dei crimini di guerra commessi nel corso del conflitto. Dopo l'annuncio della costituzione di una Federazione croato-musulmana (1994) e il fallimento dei piani di spartizione territoriale mediati dalla comunità internazionale, si verificò una recrudescenza degli attacchi serbi alle posizioni bosniache. Nell'estate del 1995, tuttavia, una vasta offensiva croata contro le forze serbe della Krajina contribuì a modificare profondamente gli equilibri del conflitto nella ex Jugoslavia. A questa azione di vaste proporzioni fecero seguito i bombardamenti aerei NATO che misero fine all'assedio serbo di Sarajevo, iniziato nel 1992. Le forze croato-musulmane nel frattempo si trovarono in possesso di una porzione di territorio tale da ridurre quella in mano serba da due terzi a circa la metà del totale. Dopo l'entrata in vigore di una tregua (22 ottobre 1995) promossa dalla diplomazia statunitense, si discusse un nuovo piano per giungere a una spartizione territoriale. Nel documento di pace, firmato il 21 novembre 1995 a Dayton (Ohio) dal presidente serbo Slobodan Miloševic, dal croato Franjo Tudjman e dal bosniaco Alija Izetbegovič, fu previsto il mantenimento della B. come Stato unico, riconosciuto internazionalmente, formato da due parti: la Federazione croato-musulmana e la Repubblica serba. Per controllare la separazione dei belligeranti e garantire il rispetto degli accordi di Dayton fu inviata in B. una forza multinazionale di pace. L'accordo venne ratificato a Parigi il 14 dicembre 1995. Nel settembre 1996 si tennero le elezioni generali, a cui partecipò il 73% degli aventi diritto. Con il 37,8% dei voti, il musulmano Partito di azione democratica, guidato da Alija Izetbegovič, risultò maggioritario e ottenne 19 dei 42 seggi in Parlamento. A Izetbegovič fu affidata anche la presidenza dell'Esecutivo collegiale. Nel frattempo il Tribunale internazionale per i crimini di guerra dell'Aja condannò per genocidio Radovan Karadžic;, leader di quella che era stata la Repubblica serba di Bosnia, e il suo comandante militare Ratko Mladic; nonostante la condanna, i due restarono in libertà, continuando a influenzare la vita politica del Paese. Nell'agosto 1997 i presidenti croato e bosniaco si riunirono a Spalato per rilanciare la federazione croato-musulmana, impegnandosi a facilitare il ritorno dei profughi. Alle elezioni per la presidenza centrale (novembre 1998) Izetbegovič ottenne il maggior numero di voti, ma in base a un accordo di rotazione, la carica venne attribuita al serbo Zivico Radišic. Nel 1999 la commissione internazionale che controllava il destino della città di Brčko (posta dagli Accordi di Dayton sotto l'amministrazione provvisoria serbo-bosniaca) decise di trasformare la città in un distretto autonomo governato da un'autorità multietnica sotto la supervisione della comunità internazionale. Tra il 1999 e il 2000 il Tribunale internazionale dell'Aja processò e condannò per crimini contro l'umanità (commessi negli anni 1991-95) diversi esponenti politici e militari del precedente regime, arrestati dalla forza di interposizione delle Nazioni Unite presente in quella regione per garantire il rispetto degli accordi di pace. Nel marzo 2001, il rappresentante croato nella presidenza collettiva, Ante Jelavic, fu esautorato a seguito delle minacce di secessionismo croato all'interno della B.; come conseguenza migliaia di soldati di etnia croata appartenenti all'esercito croato-musulmano si mobilitarono in una diserzione di massa nei loro quartieri generali di Mostar e Vitez. La tensione interetnica continuò anche nei mesi successivi, facendo registrare episodi di intolleranza, come a Banya Luka e Trebinja, dove le cerimonie per la ricostruzione di moschee distrutte durante la guerra vennero caratterizzate da continue violenze. Intanto all'Aja i processi contro i crimini di guerra commessi da generali e politici continuavano e nel dicembre 2001, dietro forti pressioni internazionali, il Partito nazionalista serbo (SDS) decise di espellere tutti i suoi membri in qualche modo coinvolti, compreso l'ex leader Radovan Karadžic;. Nell'ottobre 2002 si tennero le elezioni politiche e tripresidenziali. Il risultato delle urne segnò un deciso passo indietro del processo di riappacificazione nazionale, con la vittoria dei tre maggiori partiti nazionalisti. I tre eletti alla carica presidenziale, alla quale i vincitori si alternano a rotazione ogni otto mesi, furono Mirko Sarovic, del Partito serbo democratico (SDS), Sulejman Tihic, del musulmano Partito di azione democratica (SDA), e Dragan Covic, cristiano-democratico, leader dell'Unione democratica croata di B. (HDZ-BiH). I tre partiti a cui facevano capo gli eletti si aggiudicarono anche la maggioranza dei seggi nell'Assemblea croato-musulmana e nel Parlamento, perdendo tuttavia potere all'interno dell'Assemblea serba dove, al contrario, si affermarono realtà di tipo moderato. Nel gennaio 2003 entrò in carica il nuovo Esecutivo guidato dal musulmano Adnan Terzic. In aprile il rappresentante serbo alla presidenza tripartita Mirko Sarovic si dimise dopo che il suo nome venne inserito in un rapporto confidenziale dei servizi segreti occidentali nel quale veniva presentato un caso di esportazione illegale di armi in Iraq. Sarovic venne sostituito dal suo compagno di partito Borislav Paravac. Nel frattempo continuarono gli arresti da parte del Tribunale dell'Aja: in aprile Naser Oric, comandante musulmano all'epoca della guerra civile, venne fermato e trasferito nella città olandese per prendere parte al processo a suo carico per le accuse di crimini di guerra contro i Serbi di Srebrenica. Le elezioni amministrative svoltesi in B. il 2 ottobre 2004, caratterizzate da una bassa affluenza alle urne, sancirono la vittoria dei partiti nazionalisti croato (HDZ), bosniaco (SDA) e serbo (SDS), che ottennero grandi consensi in 99 delle 142 municipalità interessate al voto. Nel maggio 2005 Dragan Covic fu arrestato per corruzione e sostituito dal croato Ivo Miro Jovic. Il 27 febbraio 2006 presso la Corte internazionale di giustizia dell'Aja iniziò il processo a carico della Serbia e Montenegro, accusata di genocidio dalla B. Nell'ottobre 2006 si tennero le elezioni politiche che si conclusero con la nomina alla presidenza tripartita di Nebojsa Radmanovic rappresentante serbo, Haris Silajdzic rappresentante bosniaco e Zeljko Komsic rappresentante croato.