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Borsa.

Istituzione che realizza permanentemente la riunione degli uomini d'affari e dei mediatori al fine di porre in essere contrattazioni e nella quale le contrattazioni si attuano secondo determinati principi e senza che gli oggetti siano presenti sul luogo. A seconda dell'oggetto delle contrattazioni, si distingue una B. merci da una B. valori. • St. - Il termine B., attualmente usato per indicare un edificio particolare nel quale ha luogo il mercato di titoli di credito, ha origini alquanto curiose. Esso si fa generalmente risalire al XV sec. quando i mercanti di Firenze, Venezia e altre città italiane, si riunivano in una piazza di Bruges, città fiamminga a quei tempi assai prospera, per trattare i loro affari. In quella piazzetta sorgeva un austero palazzo appartenente alla nobile famiglia Van der Beurse; perciò i mercanti si davano appuntamento alla Van der Beurse che, un po' alla volta, si trasformò nell'italiano B. Contrattazioni di B. tuttavia, anche se non svolte secondo i moderni sistemi, si ebbero nel Medioevo e particolarmente nelle città italiane dov'era già fiorito il capitalismo finanziario. Da Bruges, quando questa città perdette il suo ruolo di città alla moda, le attività di B. si trasferirono ad Anversa e qui, appunto, nel 1487 venne costruito un edificio, riservato ai soli mercanti, nel quale essi potevano svolgere le loro contrattazioni. Il palazzo venne poi ampliato nel 1531. Frattanto Amsterdam stava diventando, giorno dopo giorno, uno dei maggiori mercati europei, tanto che nel XVI sec. anche questa città ebbe il suo palazzo della B. Era frequentato da un migliaio di persone, tutte attive nel campo degli affari: mercanti, sensali, mediatori, e altre persone del mestiere. Nello stesso secolo una B. di notevole importanza venne aperta anche a Lione, la città francese di maggiore importanza finanziaria e commerciale. Per avere la propria B. Londra dovette attendere, invece, la metà, circa, del XVII sec., quando venne fondato lo Stock Exchange. Molto più in ritardo giunse la B. di Parigi, della quale si sentì la necessità soltanto dopo che il mondo internazionale degli affari fu dominato dal banchiere scozzese John Law, barone di Luriston, controllore delle finanze francesi. Gradatamente la B. di Parigi assunse una posizione internazionale predominante con un enorme volume di affari. Perciò, a un certo momento, si sentì il bisogno di aprire, accanto al vecchio parquet, com'era chiamata la B. parigina, un secondo mercato finanziario, detto coulisse. Fino allo scoppio della prima guerra mondiale il primato borsistico fu appannaggio delle B. di Parigi e Londra. Da allora la supremazia si trasferì a Wall Street, il famoso quartiere della B. di New York, che tuttora la detiene. In Italia le B. valori risalgono soltanto agli inizi dell'Ottocento, quando le più importanti erano quelle di Genova e di Torino. Esse vennero in seguito superate largamente da Milano, anche oggi considerata la prima B. d'Italia, sulla cui scia operano tutte le B. delle altre città italiane. Negli ultimi anni si è assistito a un incremento del giro d'affari legato alle B. Queste ultime si sono dimostrate sempre più influenzabili dagli avvenimenti politici ed economici dei vari Paesi. Con crisi cicliche come quella del 1989 e del 1991, l'irregolare andamento della B. di Wall Street ha trascinato in negativo le B. di tutto il mondo. Sul versante italiano il 1993 è stato l'anno della telematica: le contrattazioni si sono trasformate dall'"asta a chiamata" al moderno sistema informatico collegato in rete con le altre Piazze del mondo. L'abbandono definitivo del sistema delle grida si è completato nei primi mesi del 1994, in concomitanza con una generale ripresa del volume di scambi sull'onda di una ritrovata fiducia nel mercato azionario. • Econ. - Le B. sono istituite con un decreto del capo dello Stato, su proposta della competente Camera di Commercio, e amministrate dalle Camere di Commercio stesse che ne percepiscono le entrate e ne sostengono le spese, comprese quelle inerenti alla vigilanza governativa. ║ B. merci: ha per oggetto la trattazione di affari riguardanti merci e prestazioni di servizi. Le B. merci, abolite in Italia nel 1936, sono state ripristinate nel 1950. Per esse il ministro dell'Industria e Commercio (alla cui vigilanza sono sottoposte) di concerto con quello per l'Agricoltura e le Foreste determina le merci che devono essere escluse dalle contrattazioni. Queste avvengono mediante commissionari o mediatori e possono svolgersi sia privatamente sia agli incanti (negoziazioni alle grida). I contratti conclusi possono essere sia a contanti sia a termine, e questi ultimi possono essere oggetto di successive cessioni (contratto per filiera). La quantità minima (lotti) e la quantità delle merci trattabili sono rigidamente fissate, per cui in B. non si stipulano affari che per quella merce (e per la quantità minima o per multipli interi di questa) ammessa dagli usi e dai regolamenti di B. Tuttavia, se alla scadenza non vi è disponibilità della qualità della merce trattata, il contratto può eseguirsi anche per una qualità diversa, ma entro determinati limiti e salvo regolarizzazione delle differenze di prezzo. Le scadenze dei contratti sono piuttosto variabili, in quanto, pur essendo generalmente fissate a fine mese, tra il momento della stipulazione e quello dell'esecuzione può intercorrere un tempo assai lungo (fino a un anno). Per ogni contratto concluso occorre depositare un fondo di garanzia, che deve essere integrato ogni volta che nel mercato vi siano variazioni di prezzo. La funzione economica della B. merci è rilevante, poiché investe molteplici aspetti. Anzitutto assicura un mercato abbastanza fluido, in modo da favorire gli scambi di determinati beni e servizi di un volume sufficiente per il buon funzionamento dell'economia di un Paese; nella B. merci ogni operatore economico può acquistare o vendere, a determinate scadenze, nella quantità di merce necessaria alla sua attività, senza pericolo di dover affrontare i costi addizionali. In secondo luogo, la B. devia i rischi connessi a ogni operazione economica su merci (ad esempio, il rischio di non trovare, a una data stabilita, una certa partita di merce di particolare qualità) su una determinata categoria di operatori economici (speculatori), particolarmente qualificata. Questi ultimi infatti agiscono in B. al precipuo scopo di trarre guadagno dalle differenze di prezzo che si verificano nelle merci nei diversi periodi; pertanto tendono a far diminuire l'offerta nei tempi in cui una data merce è importante e quindi a buon mercato, per farla aumentare quando è scarsa e a prezzo più alto. In tal modo dunque, gli speculatori non solo tendono a rendere uniformi i prezzi nei vari periodi di tempo, ma anche ad assumere in proprio i rischi connessi a tale tipo di operazione. In Italia, esiste una sola B. merci, a Milano. Le B. merci sono regolate dalle stesse norme previste per le B. valori, in quanto ad esse applicabili. ║ B. valori: luogo ove si contrattano titoli e cambi. Vi si trattano, generalmente, titoli del debito pubblico, obbligazioni di enti pubblici e di società private, azioni di società. La contrattazione di cambi riguarda ogni atto diretto a cedere a terzi la disponibilità di valute estere. La B. valori rappresenta la parte più perfezionata del mercato finanziario, in quanto permette la più efficiente circolazione dei singoli investimenti e, teoricamente, tende a indirizzare il risparmio verso le forme più redditizie di investimento sia all'interno, sia all'esterno. In effetti, in un'economia di mercato moderna, caratterizzata da un'alta percentuale di capitale rispetto agli altri fattori di produzione e da un elevato progresso tecnologico, la necessaria mobilizzazione degli investimenti, ossia la possibilità per il singolo investitore di impiegare in ogni momento il proprio risparmio nella maniera più proficua e di poter passare ogni volta che ne abbia convenienza da un investimento all'altro, costituisce una condizione necessaria per l'efficienza del sistema economico. Tale condizione è realizzata appunto nella B. valori. L'alta concentrazione degli scambi per qualsiasi tipo di titolo negoziato, consente infatti un costante adeguamento tra domanda e offerta (a un determinato prezzo) dei diversi impieghi del risparmio, permettendo la più rapida circolazione dello stesso, da un investimento all'altro. Tale concentrazione si attua quando, per ogni variazione sia pur lieve di prezzo, è lecito aspettarsi consistenti modifiche nella domanda e nell'offerta relativa. Vi è di conseguenza un'attenuazione dei rischi degli investimenti mobiliari, in quanto essi divengono facilmente liquidabili. Nello stesso tempo la rapida e pronta reazione della domanda e dell'offerta a ogni oscillazione di prezzi agevola i calcoli degli operatori economici, indicando loro gli investimenti più redditizi. In realtà le operazioni borsistiche non riguardano necessariamente operazioni su titoli, in base al rendimento a lunga scadenza degli investimenti in essi rappresentati, poiché spesso sono influenzate esclusivamente dalle previsioni che gli operatori fanno sull'andamento del mercato in B. In altre parole, i cosiddetti speculatori variano la loro domanda (o offerta) di titoli mediante diversi tipi di contratto, stipulati in relazione alle previsioni sui futuri prezzi che si determineranno sul mercato. Si diranno così speculatori rialzisti o riabbassisti a seconda che prevedano rialzi o ribassi dei prezzi medesimi. È possibile che gli scambi fondati su tali motivi, in quanto costituiscono la parte più rilevante del mercato di B., diano luogo a una specie di circolo chiuso, che diventa del tutto autonomo rispetto alla realtà economica che dovrebbe rappresentare: infatti i prezzi dei titoli trattati non rispecchiano il rendimento attuale o previsto dei diversi investimenti ma semplicemente una serie di "previsioni circolari", dovute all'abilità dei singoli operatori economici nell'individuare le tendenze del mercato, che, peraltro, sono indotte dalle loro previsioni. L'ammissione in B. dei titoli azionari è disposta dalla CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa). La legge ha conferito alla Commissione anche i poteri per determinare i requisiti che i titoli e le società emittenti debbono avere; con delibera 19 dicembre 1984 n. 1.622 si stabilisce: che siano approvati dall'assemblea dei soci e pubblicati almeno tre bilanci annuali della società; che questa abbia una rappresentante presso il servizio titoli; che la società abbia un patrimonio netto di 10 miliardi; che gli ultimi tre bilanci siano positivi e certificati da una società di revisione; che i titoli siano ampi e disponibili. È stato autorevolmente affermato che in un mercato di B. altamente organizzato, gli scambi di questo tipo sono quelli predominanti; ma, d'altro canto, tale svantaggio è il prezzo che va pagato se si vuole che il sistema economico mantenga una certa efficienza attraverso la mobilizzazione e la pronta liquidità degli investimenti. ║ Funzionamento delle B.: le B. valori sono sottoposte alla vigilanza del ministero del Tesoro (Ispettorato generale delle B. valori), delle Camere di Commercio, delle Deputazioni di B. e dei Comitati degli agenti di cambio. Il ministero del Tesoro può, in ogni tempo, ordinare ispezioni ed emanare i provvedimenti necessari per assicurare il regolare andamento del mercato dei valori e ha facoltà di delegare presso le singole B. un proprio funzionario. Il delegato del ministero del Tesoro interviene alle riunioni di B., presiede la Commissione incaricata della formazione dei listini, assiste alle sedute della Deputazione di B. e del Comitato degli agenti di cambio senza voto deliberativo, esercita facoltà ispettive sull'operato degli agenti di cambio. Hanno ingresso in B. coloro che sono capaci di obbligarsi. Non possono però entrarvi i falliti; i condannati per delitti contro la fede pubblica o contro la proprietà, ovvero per uno dei delitti seguenti: peculato, concussione, corruzione, sottrazione da luoghi di pubblico deposito, falsa testimonianza e calunnia; e coloro che sono stati esclusi dalla Deputazione per aver svolto la mediazione su titoli senza essere iscritti nell'apposito ruolo o per inosservanza delle leggi e regolamenti riguardanti le B. o per altri motivi indicati specificamente dalla legge. Le contrattazioni sono riservate a una particolare categoria di mediatori detti agenti di cambio: essi sono pubblici ufficiali e sono nominati con decreto del capo dello Stato promosso dal ministro del Tesoro. Nelle B. in cui si contrattano valori pubblici, sono ammessi di diritto alla quotazione: i titoli del debito pubblico, i titoli garantiti dallo Stato, le cartelle di credito fondiario italiano, i titoli emessi dalle provincie e dai comuni e i titoli cambiari. A precise condizioni, le Camere di Commercio, con deliberazione motivata da comunicarsi per l'approvazione al Ministero del Tesoro, possono ammettere alle quotazioni i titoli delle società commerciali per azioni legalmente costituite con un capitale versato non inferiore a un milione di lire. Per ammettere alla quotazione i titoli di debito di Stati esteri, è necessaria l'autorizzazione governativa. Le azioni di società straniere sono ammesse a condizione che siano pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e in altri giornali più diffusi i bilanci dell'ultimo anno e dell'ultimo biennio, secondo il diverso tipo di società e che la società nomini con procura speciale un proprio rappresentante il quale risieda nella sede della B. e sia incaricato di fare il servizio dei titoli sulla piazza. Tutti i titoli sono negoziati alle grida, seguendo determinate modalità di contrattazione. Regole particolari sono dettate per la formazione del listino di B. Le B. valori si trovano a Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia. ║ La grande crisi delle B. del 2008 - Nell'autunno del 2008 una crisi economica e finanziaria partita dagli Stati Uniti d'America coinvolse in breve tempo la gran parte dei Paesi industrializzati innescando una recessione di portata mondiale che non aveva avuto eguali per dimensioni e diffusione prima di allora. Definita la peggior crisi economica dopo quella del 1929, la crisi del 2008 proveniva dal centro del sistema, cioè da Wall Street, e mise in ginocchio l'intero segmento; la sua entità fu quindi più ampia e investì il cuore della globalizzazione, che trovava nella finanza l'elemento chiave. La crisi ebbe inizio nell'agosto 2007, in seguito alla politica del credito facile e più precisamente per il crack dei cosiddetti mutui subprime (cioé i prestiti associati a garanzie basse o nulle dei debitori e si parla di mutuo subprime per indicare che si tratta di un mutuo effettivamente a rischio). Una seconda causa va ricercata negli strumenti della finanza derivata utilizzati per rendere possibili le suddette transazioni. In misura massiccia debiti come i singoli mutui immobiliari vennero raggruppati e cartolarizzati, trasformati cioè in titoli, collocati poi sul mercato. L'onda lunga della crisi innescata dall'implosione dei mutui immobiliari americani, crisi mai digerita dal sistema economico statunitense, irruppe nell'autunno 2008 con una successione di eventi allarmante: i mercati azionari internazionali vennero letteralmente messi sotto pressione e il sistema finanziario globale venne scosso dagli effetti che le insolvenze sul mercato dei mutui statunitensi ad alto rischio catapultarono sulle B. di tutto il mondo. L'ondata di vendite che investì le b. portò gli indici a subire una drastica riduzione del loro valore. La crisi generò una pluralità di dissesti bancari. La lista delle vittime sembrava crescere di settimana in settimana, cambiando il volto di Wall Street e dando alle autorità ruoli nuovi. All'inizio di settembre, per evitare una catastrofe sui mercati finanziari americani e mondiali, il governo del presidente George W. Bush - rappresentato dal Ministro del Tesoro statunitense Henry Paulson -, dovette scendere in campo per salvare, tramite il commissariamento, Fannie Mae e Freddie Mac (rispettivamente Federal National Mortgage Association e Federal Home Loan Mortgage Corporation), due giganti del mercato finanziario immobiliare. A distanza di una settimana, a metà settembre, scoppiò il caso Lehman Brothers, una delle principali banche d'affari al mondo. Questa volta il salvagente pubblico non arrivò e la banca fu costretta al fallimento (613 miliardi di dollari di debito): la Lehman Brothers, fondata 158 anni fa, veniva messa in ginocchio dalla crisi dei mutui: il suo fallimento era il più grande nella storia delle bancarotte mondiali. A fine settembre la Sec, l'Authority di controllo dei mercati, approvò la trasformazione in banche commerciali delle due banche d'investimento superstiti, Morgan Stanley e Goldman Sachs. Ciò sancì di fatto la fine del modello di banca di investimenti che dominava Wall Street da oltre un ventennio. Il 3 ottobre, dopo un difficile iter parlamentare preceduto da una fitta serie di consultazioni e da appelli al senso di responsabilità comune, la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti approvò in via definitiva il pacchetto di misure di emergenza volto ad arginare la crisi finanziaria. Il maxi piano di salvataggio Usa ammontava a 850 miliardi di dollari: ai 700 miliardi per soccorrere il sistema finanziario infatti se ne aggiunsero altri 150 per un pacchetto decennale di sgravi e deduzioni fiscali per cittadini in difficoltà con i mutui. L'obiettivo fu senz'altro quello di tentare di stabilizzare i mercati finanziari, dai quali poi dipendeva la sorte di tutti gli altri settori economici. Il fallimento di Lehman Brothers fece capitolare le banche europee ed asiatiche. Gli effetti, come sempre, partendo dagli Usa arrivarono anche in Europa, dove molte banche avevano acquistato e rivenduto ad altri gruppi bancari e assicurativi le obbligazioni strutturate sui mutui subprime. Di fronte a questa drammatica situazione divenne indispensabile l'intervento delle banche centrali, che già in stato di massima allerta, iniettarono liquidità supplementari per garantire il funzionamento dei sistemi interbancari. La discesa delle quotazioni aumentava infatti il rischio di scalate ostili che avrebbero potuto favorire una speculazione selvaggia, forte del difficile momento vissuto in questa fase dal mercato. Anche in Italia la discesa degli indici assunse dimensioni particolarmente significative. Questa pesante flessione contribuì a ridurre notevolmente la capitalizzazione delle diverse società quotate e in particolare delle banche che erano tra le più colpite dalla crisi finanziaria. Non mancarono infatti alcuni soggetti a rischio anche tra le banche italiane, legate al possesso e alle perdite causate da titoli a rischio (obbligazioni strutturate e derivati). Le banche italiane in ogni caso non corsero particolari rischi essendo ai margini della tempesta: se la cavarono con un calo del loro valore di b., a volte anche consistente, ma inferiore a molte altre banche europee. Dalla Banca d'Italia alla Consob, dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al presidente degli industriali Emma Marcegaglia, giunsero dichiarazioni rassicuranti: così come si era verificato nel 2007 allo scoppio della crisi dei subprime, banche e assicurazioni italiane beneficiarono del loro minor grado di globalizzazione e "finanziarizzazione" che, considerato come un fattore di arretratezza negli anni precedenti, si convertiva ora in un elemento positivo. Proprio al fine di fronteggiare la situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali, l'8 ottobre il Governo italiano varò alcune misure urgenti con un decreto legge per aumentare la stabilità del sistema del credito, incrementare le contrattazioni nel mercato dei prestiti interbancari e soprattutto favorire la solvibilità delle banche per garantire il flusso dell'economia reale. In altri termini, il Governo italiano volle rafforzare la certezza che, venendo a scadenza titoli e obbligazioni in circolazione, le banche potessero rifinanziarsi e fare fronte ai loro impegni. In tutta Europa i crescenti timori di una recessione spinsero i capi di Stato e di governo a lanciare un piano di azione comune che desse una risposta coordinata alla crisi di credibilità e di liquidità dei mercati finanziari europei. Il presidente di turno dell'Unione europea, il francese Nicolas Sarkozy, raccogliendo un sostanziale consenso sulla necessità di risposte comuni, il 12 ottobre convocò un vertice straordinario dell'Eurogruppo per dare un inquadramento coordinato alle iniziative nazionali sulla crisi. L'accordo raggiunto dai quindici Paesi dell'Eurozona prevedeva garanzie sui prestiti interbancari e garanzie pubbliche in caso di eventuali ricapitalizzazioni delle banche in difficoltà. L'accordo era flessibile, nel senso che ogni Paese avrebbe deciso in concreto come porre in atto queste garanzie. Sarkozy espresse inoltre l'auspicio che misure analoghe fossero adottate da tutti i Paesi dell'Unione europea. Anche perché, come sottolineato dal commissario Ue agli Affari economici Joaquin Almunia, non vi era dubbio che le turbolenze sui mercati stessero già colpendo duramente famiglie e imprese. Infatti, nonostante l'attivismo dei governi e delle Banche centrali, i listini delle b. europee e mondiali continuavano a crollare ovunque. La recessione globale colpì anche l'Asia, dove persino la Cina, che aveva spinto molto sull'acceleratore prima delle Olimpiadi, ora era in fase di rallentamento. Il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, in linea con la Commissione Ue, prevedeva per il nostro Paese un'ulteriore perdita di competitività e il proseguimento della stagnazione in atto almeno fino a metà del 2009. Per rispondere in modo sistemico alla crisi finanziaria mondiale venne raggiunto un accordo tra il presidente americano uscente George W. Bush, il presidente di turno Ue Sarkozy e il presidente della Commissione europea Manuel Barroso sull'organizzazione di un vertice internazionale che si sarebbe tenuto il 15 novembre 2008 a Washington. Al centro del vertice G20, a cui avrebbero partecipato i 19 Paesi più industrializzati del mondo più l'Unione Europea, l'analisi di una risposta alla crisi globale, ma anche un ripensamento dell'architettura finanziaria mondiale e l'elaborazione di strategie per la protezione del libero mercato: per questo, insieme ai leader mondiali, sarebbero stati presenti al tavolo anche le maggiori istituzioni sovranazionali, come Onu, Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale. ║ Contratti di B.: contratti con i quali si realizzano le fondamentali operazioni di B. Tutti i contratti di B., tranne il riporto, rivestono carattere generale di sottospecie del contratto di compravendita: hanno per oggetto il trasferimento dei titoli di credito, di titoli di Stato, di titoli rappresentanti merci e di titoli azionari. In base alla differenza di struttura e, soprattutto, di finalità, i contratti di B. possono venire distinti in tre categorie: quella dei contratti per contanti, quella dei contratti a termine e quella dei contratti a premio. A questi possono aggiungersi, sia pure con le dovute riserve, quale quarta categoria, le operazioni di riporto. Il contratto per contanti è l'operazione di B. in cui sono da identificarsi, più che in ogni altra, i caratteri di una pura e semplice compravendita di titoli. In esso la consegna dei titoli e il pagamento dell'importo avvengono all'atto della stipulazione o, al più tardi, il giorno feriale successivo. È il mezzo con il quale, senza alcun intento speculativo, si attuano normali negoziazioni di titoli. Nei contratti a termine, invece, l'esecuzione delle reciproche prestazioni è differita a una data diversa da quella della stipulazione. Tipica applicazione di questa figura negoziale sono le operazioni a termine fermo, nelle quali il venditore è tenuto a consegnare i titoli e il compratore a pagarne il prezzo a una data scadenza (che varia a seconda degli usi, ma che non può superare i 45 giorni per motivi fiscali). Il compratore a termine è detto rialzista: egli, infatti, con tale operazione spera che, nel giorno di esecuzione del contratto, il prezzo corrente dei titoli sia superiore al prezzo concordato, così da guadagnare la differenza. Per la medesima ragione il venditore è detto ribassista, perché spera nel ribasso dei titoli negoziati. Tuttavia esiste anche un'altra specie di negoziazione a termine, detta differenziale, nella quale alla scadenza non si effettua la consegna dei titoli e il pagamento del prezzo ma solo il pagamento della differenza tra il prezzo stipulato e il valore dei titoli in scadenza; se il valore è aumentato, i venditori non verseranno la differenza, se invece il valore è ribassato, questa verrà liquidata dai compratori. Con tali operazioni i contraenti perseguono fini prevalentemente speculativi. Nei contratti a premio, uno dei contraenti, mediante il pagamento di un premio, si riserva la facoltà di recedere dal contratto o di scegliere determinate modalità dell'esecuzione di esso. Chi si riserva tale facoltà, deve, nel giorno stabilito dichiarare alla controparte se intende eseguire il contratto (levare il premio) o non eseguirlo (abbandonare il premio), o avvalersi delle facoltà di farlo modificare secondo le condizioni stabilite. Per quanto riguarda la liquidazione finale, ci si attiene alle stesse modalità dei contratti a termine fermo. I contratti a premio sono: a) contratto a premio del compratore (contratto dont), nel quale questi paga un premio per riservarsi la facoltà di dichiarare nel giorno fissato (sette giorni prima della scadenza) se intende ritirare i titoli o abbandonare il premio. La seconda soluzione gli converrà in caso di ribasso dei titoli in misura superiore all'ammontare del premio; b) contratto a premio del venditore (contratto pour livrer): si ha quando è il venditore di titoli ad avere la facoltà di dichiarare se intende consegnare i titoli o abbandonare il premio, come gli converrà in caso di rialzo dei titoli in misura superiore al premio; c) contratto a doppio (stellage), con il quale uno dei contraenti si riserva la facoltà di comprare o di vendere, a un dato prezzo, nel giorno stabilito per la risposta. Il dichiarante realizzerà un guadagno, se il corso subirà un rialzo o ribasso superiore al premio. Egli però non potrà mai risolvere il contratto: il premio, infatti, gli conferisce solo la scelta tra l'acquisto e la vendita. In genere, si vincola al premio solo chi prevede un'oscillazione, mentre la controparte prevede una stabilità di valori; d) contratto di aggiunta (contratto noch), nel quale uno dei contraenti paga il premio per acquistare o vendere una quantità doppia, tripla, e così via, dei titoli negoziati, allo stesso prezzo. Il contratto di riporto, con il quale una parte trasferisce in proprietà dell'altra alcuni titoli a un dato prezzo e questa assume l'obbligo di ritrasferire alla scadenza la stessa quantità della stessa specie, non è pacificamente dalla dottrina considerato fra i contratti di B. Comunque, esso è di generale applicazione nelle operazioni borsistiche e consente il raggiungimento delle più svariate finalità, comprese quelle speculative. L'importanza dell'uso del riporto nelle operazioni in parole è data dal fatto che nei contratti a termine il compratore o rialzista e il venditore o ribassista, quando le condizioni del mercato non si presentano favorevoli, non essendosi verificato il rialzo o il ribasso desiderato, sono soliti rimandare l'operazione al mese successivo, avvalendosi appunto del riporto. Infatti il compratore che vede profilarsi un ribasso vende a contanti i titoli, che vede ritirare al termine fissato, con il patto di riaverli a un nuovo termine, in forza di un contratto di riporto. Analoga operazione, ma in senso inverso, effettua il ribassista venditore. In tutti i contratti descritti, che non siano a contanti o a termine fermo, come si è detto, si procede alla scadenza soltanto al conteggio delle differenze in favore dell'una o dell'altra parte e la liquidazione viene effettuata dal Comitato direttivo degli agenti di cambio, che rilascia un certificato di credito avente efficacia di titolo esecutivo. Per contratti di B. deve corrispondersi la relativa imposta, che ha natura d'imposta sui trasferimenti ed è riscossa con il sistema del bollo. A tal fine i contraenti sono tenuti a servirsi di appositi moduli (fissati bollati) forniti dall'amministrazione finanziaria, di valore variabile a seconda della natura del contratto e del valore dei titoli negoziati. Con il d.l. 8 aprile 1974, poi modificato dalla legge 216 del 7 giugno (a sua volta ritoccata dalla legge 4 giugno 1985), sono state introdotte innovazioni relative alla supervisione dell'attività di b. e delle società. In particolare è stata costituita la CONSOB, che controlla le operazioni di intermediazione e negoziazione dei titoli. Di particolare importanza sono alcuni punti della legge 216: divieto di partecipazioni incrociate, introduzione dei bilanci di gruppo, la disciplina dell'acquisto di titoli mediante offerta. Con la legge 23 marzo 1983 n. 77 si è ampliato il mercato e lo si è reso un po' più trasparente nelle sue operazioni, istituendo la nascita dei Fondi comuni di investimento e la normativa delle Offerte al pubblico. Il decollo dei fondi ha altresì ampliato il volume delle contrattazioni e aumentato di concerto l'interesse degli investitori. Successivi decreti di carattere fiscale hanno tentato di introdurre la regolamentazione degli utili dalla compravendita di azioni, quotate e non, per le persone fisiche, da sempre sfuggite alle rilevazioni e quindi a ogni imposta, senza però mai riuscire a essere tradotti in legge. Di pari passo con la svolta telematica degli anni Novanta, in Piazza Affari hanno fatto la loro prima comparsa le Società di Intermediazione Mobiliare (SIM), destinate per la loro versatilità ad affiancare e a sostituire progressivamente la storica figura dell'agente di cambio nelle mediazioni finanziarie.

CRONOLOGIA E FONDAZIONE DELLE PRINCIPALI BORSE NEL MONDO
V sec. a.C.

XV sec.

1487

1561

XVI sec. (II metà)

1600
1608
1685
1699
1719
1755
1762
1792
1801
1802
1808
1821
1831
1850
1878
1946
Collegium Mercatorum (Roma)

Nascita del termine borsa dal nome dei banchieri fiamminghi Van der Burse (Bruges)

Fondazione della prima borsa d'Europa ad Anversa

Fondazione della borsa di Amsterdam che sostituisce quella di Anversa

Thomas Gresham fonda nella City di Londra il Royal Exchange (dal 1773 Stock Exchange)

Fondazione della borsa di Venezia
Fondazione della borsa di Amsterdam
Fondazione della borsa di Berlino
Fondazione della borsa di Basilea
Fondazione della borsa di Parigi
Fondazione della borsa di Trieste
Fondazione della borsa di Vienna
Fondazione della borsa di New York (Wall Street)
Fondazione della borsa di Bruxelles
Fondazione della borsa di Londra
Fondazione della borsa di Milano
Fondazione della borsa di Roma
Fondazione della borsa di Madrid
Fondazione della borsa di Ginevra
Fondazione della borsa di Tokyo
Fondazione della borsa di Francoforte