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Borghesìa.

Classe sociale, espressione economica e politica del sistema capitalistico. All'interno di tale classe sussiste una stratificazione piuttosto complessa di tipo piramidale. Alla sommità si trovano infatti coloro che detengono la proprietà dei mezzi di produzione e alla base la massa dei piccoli commercianti e impiegati di grado inferiore. A grandi linee si tende a distinguere un'alta b., e una piccola b. La storiografia moderna indica spesso come b. anche le classi medie dell'antichità greca e romana e la classe dei cavalieri dell'età medioevale. È però solo con la nascita e l'ascesa del capitalismo che si è venuta formando la classe propriamente borghese, anche se il termine burgenses, per designare gli abitanti del borgo, in contrapposizione a quelli del contado, cominciò a essere usato in Fiandra già nella seconda metà dell'XI sec. Infatti le classi, nel senso moderno del termine, sono venute costituendosi in seguito a quel complesso di fenomeni che generalmente vanno sotto il nome di "rivoluzione industriale". Si venne così distinguendo una classe dei latifondisti, sorta dalla trasformazione del vecchio ordinamento feudale; una classe borghese, composta dai commercianti e dai maestri artigiani divenuti capitalisti; una classe proletaria, formata da quei piccoli proprietari contadini che erano stati costretti a lasciare la terra e a trasferirsi in città in seguito alla formazione di latifondi, dagli ex artigiani divenuti subalterni e dai garzoni operai, che costituirono il primo esercito dei salariati delle manifatture. È a partire dal XIII sec., che si cominciò lentamente a demolire la struttura delle istituzioni feudali e a sviluppare le linee fondamentali di quella che sarebbe poi divenuta la struttura economica capitalistica. Tale struttura è già chiaramente individuabile alla fine del XV sec. nella presenza di grosse imprese commerciali, nella speculazione sui titoli, nell'alta finanza, ecc. Si ebbe così l'ascesa della b. commerciale, finanziaria e industriale che avrebbe modificato radicalmente la struttura della società europea. Nella propria ascesa, il capitalismo si trovò tuttavia costretto a dover operare entro la vecchia intelaiatura sociale ancora dominata dalle classi feudali, così che la b. in ascesa, nonostante la costruzione dei grandi Stati nazionali, fu costretta a rimanere ancora per alcuni secoli sottomessa alle vecchie gerarchie feudali. Ne risultò una struttura politica non corrispondente a quella sociale ed economica. Essa tendeva infatti soprattutto a sfruttare la classe borghese, mentre la classe dei proprietari terrieri aristocratici rimaneva il cardine del sistema sociale e politico. Tuttavia, in tutti i Paesi europei, i governi, per quanto di struttura non borghese, appoggiavano e proteggevano gli interessi della classe imprenditoriale. Si dovette attendere fino alla rivoluzione francese per assistere al trionfo dapprima in Francia e poi in tutta Europa della b. La società francese prerivoluzionaria, assai più di quella inglese, era un tessuto di privilegi che rendeva particolarmente evidenti e irritanti le divisioni di classe. Il clero possedeva ancora circa un quinto di tutto il territorio francese, godendo di un'enorme rendita e di privilegi di ogni genere. La nobiltà godeva di privilegi analoghi e poiché l'agricoltura francese non offriva le possibilità di sviluppo capitalistico, di cui godeva invece quella inglese, le rendite feudali della nobiltà costituivano un'emorragia di capitale che non offriva nessuna contropartita economica o politica. Perciò, tanto il clero quanto la nobiltà apparivano alla b. classi parassitarie, protette da privilegi sociali e da esenzioni fiscali di ogni genere. A differenza di quella inglese che non aveva mancato di investire capitali nell'agricoltura, la classe media francese era una tipica b. urbana. Essa possedeva quasi tutto il capitale liquido e costituiva il principale creditore della corona che versava in disperate condizioni finanziarie. Le spese di governo aumentavano continuamente e quelle belliche non potevano essere sostenute con le fonti abituali di reddito, e ciò finì col rendere la situazione insostenibile. Uno dei risultati socialmente più importanti della Rivoluzione francese fu la creazione in Francia di oltre cinque milioni di contadini-proprietari, politicamente inerti, che identificavano i loro interessi con quelli della b. In opposizione a queste due classi, si sviluppò, per la prima volta in Europa, un movimento operaio proletario che avrebbe poi fatto propria la dottrina marxista della lotta di classe. In Inghilterra, invece, la frattura tra le classi sociali ed economiche non coincise mai perfettamente con le divisioni dei partiti politici e, anche nella sua fase iniziale, il liberalismo inglese, per quanto le sue dottrine economiche rappresentassero chiaramente gli interessi della b. industriale, fu sempre, almeno nelle intenzioni, la dottrina del "bene comune", riferita all'intera società. Questa caratteristica si accentuò negli stadi successivi di sviluppo quando vi fu uno sforzo considerevole per trasformare l'ideologia degli interessi borghesi in una filosofia il cui ideale era la protezione e la conservazione di tutte le classi, compresa quella lavoratrice. Ma a cominciare dal decennio 1880-90 sia in Inghilterra che negli altri Paesi europei, il liberalismo politico andò rapidamente perdendo la sua presa sugli elettori, mentre cominciarono ad affermarsi le forze ostili al laissez-faire borghese. Questo periodo vide infatti, in quasi tutti i Paesi europei, lo sviluppo e l'ascesa di gruppi e partiti radicali borghesi e soprattutto dei partiti marxisti. Secondo Marx, caratteristica di ogni società non costituita su basi di uguaglianza economica è la divisione in classi che si contendono il predominio sui mezzi e sulle risorse economiche. Il trionfo della b. ha profondamente rivoluzionato la politica, l'economia e la società, ma ha anche semplificato ed esasperato la lotta di classe, così che nel seno del sistema borghese capitalistico viene a determinarsi dialetticamente la situazione di antitesi che porterà al suo crollo e al suo superamento: si manifestano contraddizioni, crisi e squilibri tali che l'ordinamento esistente finirà col non essere più in grado di assicurare esistenza e convenienza ai membri della società. Ciò in quanto è venuta sviluppandosi una nuova classe sociale, il proletariato, in condizione di oppressione e di sfruttamento. La situazione, in dialettico sviluppo, viene posta così di fronte all'alternativa di precipitare nel caos o di provocare, attraverso una rivoluzione sociale, l'avvento di un nuovo ordinamento a base collettiva, che attui la società senza classi e senza oppressione economica. A condurre questa rivoluzione è il proletariato, in quanto impegnato contemporaneamente nell'attuazione della propria emancipazione sociale, politica e umana e nella liberazione dell'intera società per sottrarla al circolo vizioso degli antagonismi di classe. Secondo Marx, la democrazia borghese viene quindi a porsi in contraddizione con se stessa, dato che le classi la cui subordinazione sociale essa deve perpetuare, ossia proletariato, contadini, piccoli borghesi, sono messe nella condizione, mediante il suffragio universale, di usufruire di una certa forza politica, così da costringere il dominio politico della b. entro condizioni democratiche che facilitano la vittoria delle classi subalterne e mettono in discussione le basi stesse della società borghese. Tra gli studiosi che, sulla scia di Marx, hanno approfondito il problema della contrapposizione di classe tra b. e proletariato figura G. Lukàs, secondo cui b. e proletariato sono le uniche classi pure della società borghese, dato che solo esse poggiano esclusivamente "sullo sviluppo del moderno processo di produzione e solo a partire dalle loro condizioni di esistenza è in generale pensabile un piano per l'organizzazione dell'intera società". Al contrario, il comportamento delle altre classi (piccolo-borghesi, contadini) è oscillante e infecondo per lo sviluppo, infatti tali classi non cercano in genere di promuovere lo sviluppo capitalistico in modo da spingerlo oltre se stesso, ma di farlo retrocedere o almeno di impedire che esso si dispieghi in tutta la sua pienezza.