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Blum, Léon.

Letterato e uomo politico francese. Figlio di israeliti, fu allievo dell'Ecole Normale Supérieure ed entrò nel 1905 al consiglio di Stato. Aveva esordito nella letteratura sulla "Revue Blanche" dei fratelli Natanson, che pubblicò per un decennio la maggior parte dei suoi scritti critici, politici, talvolta autobiografici. Una scelta di questi saggi è raccolta nel volume En lisant (1906). Nel 1901 pubblicava le sue Nouvelles conversations de Goethe avec Eckermann, nel 1914 il suo studio su Sthendal et le beylisme. Pubblicò nel 1907 Du mariage, in cui preconizzava la tesi di un istinto naturale dell'uomo alla poligamia. Nel 1904 entrò nella politica attiva socialista. Eletto deputato nel 1919, fondò "Le populaire"; partecipò alle lotte del dopoguerra contro Poincaré e Doumergue. Nel 1936, la vittoria del Fronte popolare lo portò alla presidenza del Consiglio, e qui egli operò riforme sociali clamorose, come l'istituzione della settimana lavorativa di 40 ore e la nazionalizzazione della Banca di Francia; ma, già nell'anno successivo, alle prese con le difficoltà economiche, dovette abbandonare il potere. Dopo essere tornato alla presidenza del Consiglio per un brevissimo periodo nel 1938, fu arrestato dal governo Pétain, processato e consegnato ai Tedeschi, che lo internarono in Germania. Dopo il suo ritorno nel 1945, fu di nuovo capo del governo per un mese nel 1946-47, quindi abbandonò la vita politica, vivendo semiritirato e ripiegando verso un Umanismo liberale che si sforzò di conciliare con il Marxismo, come dimostra la sua opera A l'échelle humaine (1945) (Parigi 1872 - Jouy-en-Josas 1950).