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Blondel, Maurice.

Filosofo francese. Studiò alla Scuola normale superiore di Parigi, laureandosi nel 1893 con una tesi che, pubblicata quello stesso anno (L'action. Essai d'une critique et d'une science de la pratique), sollevò accuse e polemiche, procurandogli un'immediata fama. Dapprima le opposizioni più intransigenti gli vennero dal mondo accademico (ciò però non gli impedì di ottenere nel 1893 la cattedra di Filosofia all'università di Aix-en-Provence, che tenne sino al 1927), che gli rivolgeva l'accusa di negare, con la sua concezione, la razionalità propria della filosofia. In seguito le accuse più violente gli vennero dal mondo ufficiale cattolico, che lo coinvolse nella condanna del modernismo, il moto di rinnovamento del cattolicesimo della fine del secolo scorso, al quale la sua filosofia apportò uno dei maggiori contributi: B. infatti vi si impegnò, oltre che indirettamente, sul piano dell'ispirazione generale, anche direttamente, con alcuni saggi di notevole levatura e con la sua collaborazione, sotto lo pseudonimo di Bernard de Sailly, agli Annales de philosophie chrétienne diretti da L. Laberthonnière. Dopo la condanna ufficiale del modernismo da parte di Pio X con l'enciclica Pascendi Dominici gregis (1907) e dopo che gli Annales furono messi all'indice (1913), B. si ritirò da ogni attività pubblicistica, dedicandosi interamente all'insegnamento e lavorando all'ampliamento e rifacimento della giovanile Action. Ne risultò un'opera in cinque volumi pubblicati tra il 1934 e il 1937: La pensée (2 volumi, 1934); L'Etre et les êtres (1935); L'action (2 volumi, 1936-37). Il punto di partenza della sua concezione filosofica è costituito dall'affermazione del predominio della volontà sulla ragione teoretica, affermazione ripresa da Ollé Laprune, di cui B. aveva seguito i corsi universitari, dedicandogli poi la sua tesi di dottorato. Proseguendo sulla linea iniziata da Pascal e arricchita nel corso dell'Ottocento dai vari contributi dello Spiritualismo francese, B. sostiene che se si vuole raggiungere la certezza morale, quale atto dell'uomo e della fede, è necessario trasportare il centro della filosofia nell'azione, poiché in essa si trova lo stesso centro della vita: "l'essere involontario e costretto non sarebbe più l'essere". Anche coloro che assumono atteggiamenti puramente estetizzanti, volendo eludere il problema morale, come pure coloro che si rifiutano di prendere partito, esprimono la loro volontà, ossia affermano col loro nolo velle, un volo nolle. L'uomo, infatti, si trova a vivere in un mondo che lo obbliga, proprio in quanto essere vivente, ad agire, per cui vita e azione sono termini equivalenti. L'azione non può mai arrestarsi, poiché dall'azione nasce altra azione. La dialettica di B. è quella della volontà volente e della volontà voluta: una volontà che tende all'infinito urta sempre contro il finito ed è perciò inappagabile. L'elemento costitutivo della dialettica non è più la contraddizione che caratterizza la dialettica hegeliana, ma l'insoddisfazione della volontà. Lo stesso pensiero rientra nell'ambizione dell'azione: "il pensiero è una forma dell'azione". Nello sforzo di comprendere, spingendosi sempre più in là, l'individuo si apre dapprima agli altri individui, espandendosi nella società poiché l'azione, in quanto umana, esige la presenza di altri soggetti umani. Ma anche quando tale azione raggiunge la sua estensione universale nella moralità, il vuoto tra la volontà e la sua realizzazione non è ancora colmato, dato che l'azione tende verso una realizzazione integrale, in una realtà infinita. Questa esigenza ottiene soddisfazione dapprima nella superstizione in cui l'uomo esteriorizza, per possederlo, l'infinito. Procedendo oltre, l'uomo deve affrontare il conflitto estremo di una volontà che non può né arrestarsi né retrocedere e neppure procedere ulteriormente da sola, per cui deve passare dal naturale al soprannaturale, riconoscendo l'unicità e la necessità di Dio "unico necessario". Nelle opere della maturità B. non pone più l'azione come centro unico della vita, comprendente anche l'essere e il pensiero, ma considera il pensiero, l'essere e l'azione come tre aspetti della realtà tra loro strettamente connessi, ma distinti. L'ultima sua opera è la Philosophie et l'esprit chrétien (1944-46) (Digione 1861 - Aix-en-Provence 1949).