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Black Power.

Locuzione inglese: potere nero. Slogan coniato per esprimere simbolicamente il senso di comunanza dei negri americani, la loro volontà di autoaffermazione. Lo slogan, che esprimeva esigenze maturate nel corso di decenni e che, anche come tale, non risultava né nuovo né isolato, fu lanciato come grido di battaglia rivoluzionaria da Stokely Carmichael nel giugno 1966 durante una marcia di protesta organizzata dalle associazioni per i diritti della gente di colore. Pur rimanendo indeterminato quanto al tipo di "potere", esso passò rapidamente a significare la volontà di lotta, anche violenta, per l'emancipazione della gente di colore, il superamento dei metodi non violenti, caratteristici della predicazione e dell'azione di leader come M. Luther King. Infatti, nel nuovo grido di battaglia, non vi era più l'aspirazione dei negri a "diventare bianchi", ma la volontà di serrare i ranghi e di unirsi sotto l'insegna del B.P. Per quanto la ripulsa esplicita del sistema sociale americano, in quanto società di bianchi, e la giustificazione della violenza, almeno come autodifesa, non fossero del tutto nuovi, essi erano tuttavia rimasti sino allora appannaggio di gruppi quali quello dei musulmani neri (Black Muslims) e dei seguaci di Malcom X, assertori convinti del nazionalismo negro e della rappresaglia violenta. B.P. nasceva invece dal filone del movimento per i diritti civili avviato al tramonto o, meglio, destinato a evolvere nelle sue componenti più avanzate verso obiettivi più radicali, dopo che, nell'agosto 1965, era stato approvato il Voting Right Bill che garantiva i diritti elettorali a tutti i cittadini statunitensi. Obiettivi radicali che hanno trovato una rispondenza nei tumulti scoppiati durante l'estate del 1964 (Harlem, Rochester, Filadelfia) e del 1965 (sommossa di Los Angeles e disordini più limitati a Chicago, Springfield, Filadelfia) e che ogni estate segnavano un crescendo sia in intensità che in estensione: nell'agosto del 1966 i disordini scoppiarono in diciotto zone diverse, nell'agosto 1967 in trentuno città. A ribellarsi erano quei negri dei ghetti per i quali la rimozione delle barriere legali non aveva avuto alcun significato e, semmai, era servita a dimostrare la profondità del razzismo, esercitato non solo attraverso la segregazione legale, ma attraverso una ancor più intollerabile "segregazione di fatto". Era infatti soprattutto alle masse residenti nelle città industriali del Nord, già da tempo integrate formalmente, ma di fatto più che mai segregate, recluse nei ghetti urbani, oppresse dalla miseria e socialmente disintegrate, che si rivolgevano ai leader della più giovane generazione, affermando che le nuove leggi servivano soprattutto a mitigare il senso di colpa dei liberali bianchi assai più che giovare alla causa degli abitanti del ghetto. Pertanto, slogan come "fratellanza" furono cancellati: il negro non veniva più sospinto a "muoversi verso le posizioni dei bianchi", a travestirsi da bianco, ma era incoraggiato ad affermare che anch'egli è un uomo, che è qualcuno in quanto negro e perciò orgoglioso di essere tale. Il nuovo grido di battaglia, B.P., rappresentò la puntualizzazione dei mutamenti significativi che andavano verificandosi nel carattere e negli obiettivi della lotta. Il razzismo non veniva più considerato come un peccato morale dei bianchi del Sud, ma come una caratteristica struttura economica e sociale, della storia, della prosperità degli Stati Uniti, di un Paese che, nel giro di un secolo, ha "esteso il suo sfruttamento tentacolare da Harlem e dal Mississippi, sino all'America del Sud, al Medio Oriente, all'Africa australe". Appariva dunque sempre più chiaro che la conquista legale dei diritti civili non era che una parte marginale di una lotta che avrebbe dovuto continuare e svolgersi sul piano dell'impegno politico. Infatti, anche se nel Sud i negri erano stati messi nella condizione di poter votare, essi non potevano identificarsi coi partiti tradizionali, strutturalmente antidemocratici, per cui all'inizio del 1966, in una contea dell'Alabama nella quale i negri costituivano l'80% della popolazione, su iniziativa dello Student Non-violent Coordinating Commitee, Comitato per il coordinamento degli studenti (SNCC), fu creato un partito indipendente, il Lowndes County Freedom Organisation, con il simbolo della pantera nera, il cui intento era quello di conquistare il potere locale. Tra gli organizzatori della nuova formazione politica emergeva il giovane Stokely Carmichael che, nell'aprile successivo, veniva eletto alla presidenza dello SNCC, in sostituzione del più moderato John Lewis, e nel giugno, durante la marcia di Meredith, attraverso il Mississippi, lanciava il motto rivoluzionario B.P., contrapponendo alla tradizionale visione "integrazionista" di leader quali M. Luther King, quella nuova, basata sulla conquista di un potere "indipendente". Pertanto, la marcia si trasformò in una specie di "seminario ambulante" avente per tema il B.P. che trovava la prima realizzazione politica nel partito della pantera nera. Nei mesi successivi si andò meglio precisando il significato e la strategia del B.P.: stabilita l'inefficacia di un'azione basata su argomentazioni di carattere morale e considerato che l'unico strumento efficace per partecipare al processo decisionale doveva considerarsi l'esercizio diretto del potere, veniva affermata la necessità di un'organizzazione politica creata da negri per i negri. Veniva altresì ribadito il diritto all'autodifesa, data l'inefficacia di metodi non violenti in una situazione in cui erano i negri a essere minacciati e attaccati. Soprattutto, veniva espressa l'esigenza di ricostituire una comunità nera e di ritrovare la vera "identità" della gente di colore con la riscoperta dei valori originari e la creazione di istituzioni politiche, sociali, economiche, culturali indipendenti. Carmichael non perdeva occasione per ribadire il proprio credo nella violenza e nella guerriglia, affermando di non voler più essere considerato un negro americano, bensì un africano: "noi africani negli Stati Uniti, non potremo avere una visione degna di esseri umani fino a che l'Africa non sarà unificata... Ci strapparono con la forza dalle nostre terre africane.., non abbiamo potuto conservare la nostra lingua e l'inglese è rimasto per noi una lingua straniera. Per altri popoli, i ricordi dei loro antenati sono una fonte di forza.., a noi hanno tolto persino quei ricordi" (gennaio 1969). B.P., tuttavia, pur diventando qualcosa di più di uno slogan, non riuscì negli anni seguenti a diventare una coerente ideologia. Servì infatti da copertura per un arco di tendenze molto vaste in cui erano presenti posizioni ideologiche spesso tra loro contrastanti, per quanto accomunate nella ricerca di un nuovo senso di identità per le comunità nere. Contrastante divenne lo stesso concetto di "integrazione", un'integrazione che, secondo alcuni, avrebbe dovuto attuarsi attraverso una vigorosa lotta da sinistra, mentre secondo altri, tra cui Carmichael, il concetto stesso di integrazione, andava rifiutato nella sua totalità. Rifiutato, perché l'integrazione "risponde soltanto al problema del colore, ma non a quello della povertà"; perché rafforza nei negri come nei bianchi l'idea che il bianco rappresenta automaticamente un criterio di promozione qualitativa e che il nero, sia, per definizione, inferiore; perché altro non è che un alibi per il mantenimento della supremazia bianca. Le nuove posizioni andarono meglio precisandosi a cominciare dal 1969-70, cioè quando B.P. da motto rivoluzionario divenne uno slogan, tanto più innocuo quanto più si erano andati moltiplicando i suoi significati e le formule politiche che ad esso facevano capo. Attraverso il B.P. passa dunque la linea di demarcazione tra nazionalisti e rivoluzionari neri. La posizione dei primi è che i neri devono ritrovare la loro identità, avere una loro indipendenza, anche economica, riscoprire una loro cultura, ricercando le radici africane. I rivoluzionari sostengono, invece, che il problema dei neri è il problema dello sfruttamento della società capitalistica che si è servita del razzismo per perseguire i propri interessi economici. Così mentre alcuni gruppi e leader come Carmichael prospettano la strategia dei "fronti unici dei neri", sulla base di analisi che vedono il futuro in termini di uno scontro inevitabile tra popoli di colore oppressi e popoli bianchi oppressori, altri gruppi e leader con Heuy P. Newton, distinguono all'interno del nazionalismo nero i reazionari dai rivoluzionari, credendo possibile un'alleanza tra questi ultimi e quei bianchi che si schierarono dalla parte degli oppressi. È questa la posizione del Black Panther Party (BPP) che nelle elezioni del 1968 ha realizzato un'alleanza con il Peace and Freedom Party, costituito prevalentemente da bianchi. Quest'ultima tendenza è apparsa anzi predominante a partire dal 1969 e ha portato a una serie di iniziative comuni tra neri e bianchi. Comunque, mentre la posizione rivoluzionaria è rappresentata unicamente dal Black Panther Party, numerosi sono i gruppi nazionalisti. Essi comprendono infatti la forte organizzazione dei musulmani neri e varie altre organizzazioni minori, sparse in tutto il Paese, che, pur essendo su posizioni ideologiche diverse, hanno in comune la determinazione contro i bianchi. La situazione appare diversa invece nelle Antille, dove la popolazione di origine africana rappresenta la maggioranza e dove da tempo è andata costituendosi una borghesia e una classe burocratica e di governo nera, oltre che a una classe operaia inquadrata nei sindacati di stretta osservanza laburista. A differenza degli Stati Uniti infatti, dove il B.P. ha le sue origini nella lotta di una minoranza razziale, qui il B.P. è quello rivendicato dal sottoproletariato, su cui grava la disoccupazione cronica di queste isole e che vive ammassato nelle miserabili bidonville, ai margini della città. L'accusa che i leader del movimento che si richiama al B.P. rivolgono alla classe di governo è quella di voler perpetuare lo stato di dipendenza e di colonizzazione delle economie di queste isole. Il quadro economico è infatti dominato dalle grandi piantagioni di canna da zucchero e di altri prodotti tropicali di proprietà straniera (britannica e statunitense) e da industrie, anch'esse straniere, come le grandi raffinerie di petrolio. Una situazione che, secondo gli attivisti del B.P., giova soltanto all'élite costituita da mulatti e da negri bianchi, mentre la grande massa proletaria e la stessa economia nazionale vengono costantemente depauperate, dato che gran parte della ricchezza prodotta nelle isole viene esportata. In tale panorama il B.P. potrebbe costituire quell'elemento di coesione, che in precedenza non era stato trovato, per dar vita a uno Stato federativo fra le varie isole o, comunque, diventare il denominatore comune per una spinta al cambiamento violento.