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Benin.

Fino al 1975 Dahomey. Stato (112.622 kmq; 5.937.000 ab.) dell'Africa occidentale, nella regione guineiana. Confina a Nord con il Burkina Faso e il Niger, a Est con la Nigeria, a Ovest con il Togo e si affaccia a Sud sul Golfo di Guinea (Oceano Atlantico). Capitale: Porto-Novo. Città principali: Cotonou, Abomey e Parakou. Ordinamento: Repubblica presidenziale. Moneta: franco CFA. Lingua ufficiale: francese; sono diffusi altri idiomi locali (Fon, Gu, Yoruba, Dedi). Religione: animista; convivono minoranze di cattolici, musulmani e protestanti. Popolazione: è costituita da numerosi gruppi etnici, assai diversi tra loro, ed è maggiormente concentrata nel Sud del Paese. Il B. è uno dei Paesi più densamente popolati dell'Africa occidentale.

GEOGRAFIA

Pur non essendo esteso, il territorio è morfologicamente vario. Dalla costa caldissima, bassa, orlata di lagune e coperta dalla foresta equatoriale, il terreno si eleva a dolci gradini nell'interno, dove pianori ondulati raggiungono i 700-800 m di altitudine e declinano verso il Niger. I fiumi principali scorrono da Nord a Sud e sfociano nel Golfo di Guinea: sono il Niger che per circa 150 km corre lungo il confine con l'omonimo Paese, l'Ouémé, il Kouffo, il Mono, l'Alibori e il Mékrou. Il clima varia notevolmente: nelle zone meridionali è di tipo equatoriale; le precipitazioni sono distribuite abbastanza uniformemente lungo tutto l'arco dell'anno e le temperature oscillano tra i 25 e i 28 °C. A Nord la temperatura media è meno elevata, sono più marcate le differenze stagionali e le relative escursioni termiche. Nel complesso, tra i Paesi guineiani, il B. è uno dei meno piovosi.
Cartina del Benin


ECONOMIA

L'economia del B. è ancora oggi piuttosto povera e basata sull'agricoltura di sussistenza, che occupa oltre la metà della popolazione attiva ed è praticata in particolare nelle zone meridionali, dove il clima è più favorevole. Il prodotto agricolo principale è costituito dalla palma da olio; seguono cotone, cacao, caffè, ortaggi, manioca, cocco, banane, cereali poveri (miglio, sorgo). Il B. deve quindi importare la maggior parte dei prodotti destinati all'alimentazione. L'allevamento caprino, ovino e suino è praticato anche se non copre il fabbisogno interno. La pesca è largamente esercitata nelle lagune costiere. Notevole è l'esportazione di mogano proveniente dalle foreste locali. Il sottosuolo ospita modesti giacimenti di lignite, ferro e petrolio. L'industria, assai arretrata, è principalmente legata alla trasformazione dei prodotti agricoli. Sviluppate sono le attività commerciali: il porto di Cotonou è un punto di transito anche per gli Stati limitrofi.

STORIA

Il Regno indigeno di Dahomey, organizzato su basi feudali, fu fondato dal figlio di Akpadi, re di Allada, a metà del XVII sec., ed esteso dai suoi successori fino alla costa e, nell'interno, fino al corso del Niger. La Francia cominciò a interessarsi al Dahomey dalla metà del XIX sec. (trattato del 1851), ottenendo più tardi la cessione del litorale di Cotonou (trattati del 1868 e 1878). Quando i Francesi ne presero possesso (1884), il re di Dahomey ne richiese lo sgombero, poi (1889) devastò il territorio di Porto Novo. Si giunse così alla guerra aperta, che si concluse con la cattura e la deportazione del re Behanzin. Ottenuto, nel 1958, lo status di Repubblica autonoma, il Paese si avviò verso la totale indipendenza, proclamata il primo agosto 1960, sotto la presidenza di Hubert Maga. Questi impose un regime autoritario che fu abbattuto nell'ottobre 1963. La destituzione di Maga, promossa dalle forze socialiste e sindacali, segnò l'inizio di una successione di colpi di Stato, favoriti dalla diffusa inquietudine sociale, aggravata dal deterioramento della precaria situazione economica. Nell'autunno 1963, il pronto intervento dell'esercito, che costituì un Governo provvisorio capeggiato dal generale Cristophe Soglo, fece rientrare il movimento rivoluzionario. La vita politica del Paese continuò a essere dominata dal PDD, Partie Démocratique Dahoméen, che nel gennaio 1964 chiamò alle massime cariche dello Stato due uomini tra loro divisi da profonde rivalità personali: S.A. Apithy e J.A. Ahomadegbé, nominati rispettivamente presidente e vicepresidente della Repubblica. Una nuova prova di forza si ebbe nel novembre del 1965, quando il PDD decise di estromettere Apithy, fornendo così all'esercito il pretesto di un nuovo intervento che portò, questa volta, all'assunzione delle responsabilità di Governo da parte del generale Soglo. Le trattative aperte da quest'ultimo con i sindacati offrirono il pretesto per un nuovo colpo di mano da parte dei militari più intransigenti (dicembre 1967) che continuarono a mantenere il controllo sulla vita politica del Dahomey anche dopo la nomina a presidente della Repubblica di E.D. Zinsou e il ritorno al Governo dei civili (agosto 1968). Permase uno stato di agitazione che nell'aprile 1969 portò all'arresto di numerosi uomini politici e, successivamente, ad alcuni tentativi di colpo di Stato, finché anche la presidenza di Zinsou cadde il 10 dicembre 1969. Di nuovo i militari presero il potere, ma scarsa fu anche la coesione del direttorio di tre colonnelli installato alla presidenza. Le elezioni presidenziali del marzo 1970 furono annullate e il Paese precipitò nel caos. Nel maggio successivo, dopo lunghe trattative, fu raggiunto un accordo tra le forze in campo, e si pervenne alla costituzione di un "Consiglio presidenziale" composto da H. Maga, S.M. Apithy e da J. Ahomadegbé. Fu stabilito che la presidenza sarebbe stata esercitata a turno, per due anni, da ciascuno dei membri del Consiglio. I primi due anni furono assegnati a Maga, che costituì un Governo di unità nazionale con la partecipazione di tre gruppi al potere. Il 7 maggio 1972 J. Ahomadegbé subentrò a M. Maga alla presidenza della Repubblica, ma un nuovo colpo di Stato, capeggiato dal comandante M. Kérékou, restituì il 26 ottobre 1972, il potere alle forze armate, esercitato tramite una giunta di dodici membri. Gli anni che seguirono furono caratterizzati dall'assestamento politico del Paese. Nel 1973 fu creato il Consiglio nazionale della rivoluzione e la dottrina marxista-leninista divenne l'ideologia nazionale. Il movimento di nazionalizzazione si allargò alle scuole, alle banche e alle compagnie di assicurazione. Dopo un tentativo di golpe condotto dalla destra, sventato nel gennaio 1975 dalle forze governative, il Dahomey cambiò nome e divenne (novembre 1975) la Repubblica Popolare di Benin. Gli anni tra il 1975 e il 1979 furono di consolidamento; vennero riaperte le frontiere con il Togo (1976) e furono risolte alcune diatribe diplomatiche con la Francia. Nel 1979 fu promulgata la nuova Costituzione, cui seguì in novembre l'elezione dell'assemblea popolare che confermò al potere Kérékou. Il potere di quest'ultimo andò consolidandosi negli anni seguenti, tanto che vennero rilasciati parecchi esponenti del precedente Governo. Vennero riallacciate anche le relazioni con la Francia e intavolate promettenti trattative con i Paesi arabi, dai quali erano attesi consistenti aiuti economici. Nel 1987 Kérékou si dimise dall'esercito, ufficialmente per seguire più da vicino gli affari dello Stato, ma in realtà per riottenere l'elezione a presidente in vista dello scadere del suo mandato. Nonostante gli sforzi per appianare i contrasti con la Nigeria, la situazione economica rimase grave e le misure di austerità promosse dal presidente suscitarono il malcontento della popolazione. Nel 1988 si verificò un tentativo di colpo di Stato, organizzato da ufficiali radicali, ex collaboratori di Kérékou, chiamati "i libici" o " i malgasci". Il governo riuscì comunque a sventare il tentativo sul nascere e arrestò i responsabili. In luglio il presidente destituì alcuni membri del governo, in particolare i responsabili dell'economia, accusandoli di sabotaggio e di tradimento. In seguito al rimpasto effettuato, per la prima volta una donna, Irene Zinsou, ottenne una carica governativa; inoltre fu ridotta la presenza dei militari e degli appartenenti al partito unico. La situazione tuttavia non migliorò, soprattutto sotto il profilo economico, anche perché il Fondo Monetario Internazionale condizionò la concessione degli aiuti a una serie di cambiamenti molto impegnativi per il B.: si richiedeva infatti il licenziamento di più di 60.000 lavoratori statali, il libero accesso dei capitali stranieri, la liquidazione delle imprese statali in forte deficit e la liberalizzazione commerciale. I primi passi verso il cambiamento furono compiuti a partire dal 1989 con la convocazione della Conferenza nazionale costituzionale, con la rinuncia all'ideologia leninista e con la separazione dello Stato dal partito unico. Nel febbraio 1990 la Conferenza si autoproclamò organismo sovrano. La gestione della transizione dal regime comunista alla democrazia fu affidata al primo ministro Nicéphore Soglo che affiancò il presidente Kérékou. Nel marzo 1991 venne sciolta l'Assemblea nazionale rivoluzionaria e il potere legislativo fu affidato all'Alto consiglio della Repubblica, composto da cinquanta membri di cui la metà eletti; nello stesso mese fu nominato il nuovo Governo, composto solo da civili, e pochi giorni più tardi furono indette le elezioni presidenziali multipartitiche che videro la vittoria di Nicéphore Soglo, eletto con il 67,73% dei voti. Consolidatosi il processo di democratizzazione del Paese, nel 1993 l'Alto consiglio della Repubblica fu trasformato in Corte costituzionale. Nel 1993, in un parziale rimpasto, il presidente Soglo fece entrare nel Governo persone a lui vicine attirandosi le critiche di buona parte della classe politica. In politica estera invece il suo operato diede risultati migliori: fu riconfermato per un anno a capo della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (CEDEAO); si adoperò inoltre con successo per una felice soluzione della guerra civile in Liberia e accolse più di 20.000 profughi dal Togo. Grazie alla svolta democratica impressa al proprio ordinamento, il B. ha potuto godere del favore dei finanziatori internazionali che hanno contribuito al risollevamento, per quanto parziale, delle sorti economiche del Paese. Un nuovo contraccolpo si verificò nel gennaio e nel marzo 1994 a seguito, rispettivamente, della svalutazione della monetta nazionale di una serie di scioperi promossi dai sindacati e dalla confederazione degli studenti. Nell’ottobre 1993, intanto, movimenti e alleanze all’interno del Parlamento decretarono la messa in minoranza del Capo dello Stato costretto a ricorrere a decreti legge che venivano regolarmente annullati dalla Corte Costituzionale. Alle elezioni legislative del marzo 1995 la vittoria dell’opposizione liberale del Partito per il rinnovamneto democratico guidato da Adrien Houngbédji, mise in difficoltà l’equilibrio interno e nel giugno dello stesso anno Bruno Amoussou, rappresentante della forza socialdemocratica arrivata terza alle elezioni, venne eletto presidente dell’Assemblea nazionale. Nel marzo 1996 le elezioni presidenziali portarono alla vittoria dell’ex-dittatore Kérékou che optò per una politica di assembramento eterogeneo a lungo andare deleteria per la stabilità del Paese. Fu in questo scenario, aggravato dalle crisi economiche legate alle frodi fiscali e all’approvvigionamento di carburante, che nel marzo 1999 le elezioni legislative decretarono nuovamente la vittoria del partito del vecchio presidente Soglo. Nel marzo 2001 le elezioni presidenziali furono vinte dal presidente uscente Kérékou, che ebbe facilmente la meglio sul suo sfidante B. Amoussou. Gli altri due candidati, l'ex presidente Soglo e A. Houngbédji, presidente del Parlamento, si erano infatti ritirati dopo il primo turno, contrassegnato da innumerevoli brogli. Nel corso del 2001 notevole scalpore suscitò la vicenda della nave "Etireno", battente bandiera nigeriana, ma presa in affitto a metà marzo da Staneslas Abatan, un uomo d'affari del B., salpata il 30 marzo dal porto di Cotonou che, secondo l'UNICEF, avrebbe trasportato un carico di 250 bambini, destinati a essere venduti come schiavi nelle piantagioni di cacao di Costa d'Avorio, Gabon e Nigeria. Dopo il mandato di cattura a carico dell'equipaggio e di Abatan emesso dall'INTERPOL, l'"Etireno" si vide negare lo sbarco sia a Libreville, in Gabon, sia a Duala, in Camerun, attraccando infine, a metà aprile, nel porto di partenza, Cotonou. Poiché a bordo furono trovati solo una ventina di bimbi, il Governo del B. si impegnò a svolgere un'inchiesta per informare l'opinione pubblica nazionale e internazionale sull'accaduto.