Poeta dialettale italiano. Iniziò gli studi presso il Collegio romano, ma
fu costretto a interromperli in seguito alla morte di entrambe i genitori. Le
difficoltà economiche lo spinsero ad accettare un impiego presso
l'ufficio del demanio e a svolgere modesti incarichi per conto di aristocratici
e prelati. Intorno al 1810 iniziò la carriera letteraria, partecipando
alla fondazione dell'Accademia Tiberina, che raccoglieva gli intellettuali della
fronda antinapoleonica. Nel 1816 si unì in matrimonio con una ricca
vedova, Maria Conti, dalla quale ebbe un figlio, Ciro. Raggiunta una discreta
agiatezza poté dedicarsi con maggior impegno agli studi e alla poesia e
compiere alcuni viaggi in Italia, a Venezia (1817), Napoli (1822), Firenze
(1824), Milano (1827, 1828, 1829), entrando in contatto con i principali
esponenti della cultura italiana del tempo. In quel periodo si innamorò
della marchesa Roberti, cui dedicò un canzoniere amoroso di sonetti in
lingua italiana. Intorno al 1820 cominciò a comporre i sonetti in
dialetto romanesco (realizzati in due fasi: 1820-37 e 1842-47), pubblicati
postumi; nel 1830, dopo essersi dimesso dall'Accademia Tiberina fondò con
un gruppo di amici liberali un gabinetto di lettura. Trovatosi nuovamente ad
affrontare gravi problemi economici in conseguenza della morte della moglie
(1837), entrò nel 1841 nel dicastero del debito pubblico, rinsaldando i
vincoli con il mondo ufficiale della politica pontificia. Gli avvenimenti
storici successivi avviarono in lui un processo di involuzione: i moti del 1848
e la seconda Repubblica romana, infatti, misero in luce il suo timore per la
guerra, la violenza e la rivoluzione e lo spinsero a schierarsi fra i difensori
del "trono e dell'altare". Per quanto riguarda la produzione in dialetto
(comprendente 2.279 sonetti),
B. giunse addirittura a rinnegarla,
affidandola all'amico Mons. Tizzani perché la distruggesse. Tuttavia
Tizzani conservò i versi e dopo la morte del poeta li consegnò
quasi integralmente al figlio Ciro, che li pubblicò in parte (786) nella
raccolta
Poesie inedite nel 1865-66; l'edizione integrale dei
Sonetti
romaneschi uscì in 3 volumi, a cura di G. Vigolo solo nel 1952.
B. può essere considerato il creatore della poesia in romanesco:
l'uso del dialetto è giustificato dall'intento di conseguire una
rappresentazione oggettiva del popolo. L'autore coglie i suoi personaggi ora
come osservatori risentiti e implacabili della vita dei nobili, ora invece come
spettatori ammirati dei potenti, pronti a ossequiarli e riverirli per un'atavica
soggezione che sembra impossibile eliminare. La grandezza poetica del
B.
è da rintracciare nella sua capacità di conciliare toni giocosi e
cupi, malinconia e sarcasmo.
B. ha creato un'immensa galleria di ritratti
divertenti e spietati che insieme compongono un grandioso affresco della "plebe
romana" ricco di contrasti e sfumature (Roma 1791-1863).