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Balmaceda, José Manuel.

Uomo politico cileno. Appartenente a una famiglia della ricca aristocrazia terriera, si orientò verso il radicalismo politico, contro l'oligarchia di potere espressa dalla sua stessa classe di appartenenza e sostenuta dagli interessi capitalistici stranieri. Eletto deputato nel 1870, divenne uno degli oratori più popolari, manifestando posizioni sociali molto avanzate. La sua elezione alla presidenza della Repubblica nel 1886 determinò un'importante svolta politica. Ostile alla forte influenza che la Chiesa cattolica aveva ancora in Cile e intenzionato a promuovere riforme contrarie agli interessi dell'oligarchia terriera, B. prese una serie di provvedimenti (tra l'altro, rese obbligatorio il matrimonio civile) che incontrarono la dura opposizione dei clerico-conservatori che lo indussero ad assumere poteri semi-dittatoriali per non dover sottostare ai veti del Congresso nazionale. B. mirava ad allargare la base industriale del Paese e mirava al controllo nazionale del salnitro. Per raggiungere ciò egli intendeva rafforzare le basi del potere presidenziale per sottrarre l'esecutivo dal crescente condizionamento della maggioranza conservatrice. Non riuscì però a sconfiggere i suoi potenti nemici interni ed esterni. Dopo una sanguinosa guerra civile tra il gennaio e il febbraio 1891, dopo il pronunciamiento delle maggiori gerarchie militari, la maggioranza dei parlamentari conservatori promosse la sua destituzione. Rifugiatosi presso l'ambasciata argentina, B. redasse un lungo testamento politico e anziché consegnarsi vivo nelle mani dei suoi nemici preferì uccidersi, mentre il ritorno al potere dei conservatori favoriva il consolidamento degli interessi precostituiti e la formazione di nuovi interessi finanziari stranieri (Santiago 1838-1891).