Generale e uomo politico italiano. Ufficiale di carriera,
con il grado di tenente prese parte alla campagna d'Africa, in Eritrea, del
1896-97 e combatté in Libia nel 1912, dirigendo l'occupazione di Zanzur.
Ufficiale di Stato Maggiore allo scoppio della prima guerra mondiale, fu addetto
al comando della 2ª Armata. Promosso colonnello, nel 1916 diresse l'attacco
che portò alla conquista del Sabotino (da qui il conferimento del titolo
di marchese del Sabotino) e ottenne la promozione a generale per meriti di
guerra. Nonostante avesse avuto una responsabilità di non secondaria
importanza nella disfatta di Caporetto (primi a cedere nell'ottobre del 1917
erano stati alcuni reparti del XXVII corpo d'armata sottoposto al suo comando),
nella ristrutturazione che ne seguì, fu nominato sottocapo di Stato
Maggiore dell'esercito, divenendo uno dei più stretti collaboratori del
generale Diaz. Negoziò l'armistizio di Villa Giusti (1918) e fu nominato
commissario straordinario della Venezia Giulia durante la crisi di Fiume. Capo
di Stato Maggiore dell'esercito nel 1919, in sostituzione del generale Diaz,
ottenne anche la nomina a senatore e nel 1924-25 fu ambasciatore in Brasile.
Capo di S.M. generale nel 1925 e maresciallo d'Italia nel 1926, fu governatore
della Libia dal 1928 al 1933. Nel novembre 1935 assunse il comando supremo delle
forze impegnate nella guerra d'Etiopia, sostituendo il generale De Bono. Al
termine della campagna, fu ricompensato col titolo di duca di Addis Abeba e nel
1937 fu nominato presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Richiamato
alla carica di capo di Stato Maggiore dell'esercito nel 1940, pur esprimendo
parere contrario all'entrata in guerra dell'Italia, conservò tutti i suoi
incarichi, dimettendosi solo dopo gli insuccessi della campagna di Grecia. Tra i
più fedeli consiglieri di Casa Savoia, il 25 luglio 1943, dopo l'arresto
di Mussolini, fu nominato dal re capo del Governo pur non avendo preso parte al
complotto che aveva rovesciato il duce. Seguendo le istruzioni del sovrano,
costituì un gabinetto di "tecnici", senza operare sostanziali cambiamenti
nella vita politica del Paese e senza tener conto della realtà dei
partiti antifascisti che andavano riorganizzandosi. Il Fascismo veniva
così sostituito da un'autocrazia monarchica fondata sull'esercito, sulla
polizia, sulla Casa reale e su funzionari statali ex fascisti. Tra molte
incertezze,
B. cominciò a trattare segretamente con gli Alleati le
condizioni dell'armistizio, senza rimuovere i vecchi funzionari e senza
sciogliere la milizia fascista, conducendo per 45 giorni una politica ambigua
che, da un lato, non servì a trarre in inganno i Tedeschi, consentendo
loro di concentrare ingenti forze in Italia, e dall'altro scontentò e
insospettì gli Alleati che alzarono il prezzo della resa. Il 25 luglio
B. aveva annunciato alla radio che la guerra continuava e che l'Italia
era tuttora impegnata nell'alleanza con i Tedeschi e avrebbe tenuto fede alla
parola data. Nei mesi seguenti proseguirono le trattative con gli Alleati e
l'armistizio annunciato l'8 settembre scatenò la reazione germanica.
Così, mentre il re e le alte autorità militari abbandonavano la
capitale e si rifugiavano a Brindisi, dove
B. ricostituì il suo
gabinetto, i Tedeschi occupavano l'intera Penisola sino a Napoli. Firmato a
Malta un nuovo armistizio il 29 settembre,
B. dichiarò poi guerra
alla Germania, contro cui combatterono soprattutto le formazioni partigiane (e
non le forze dell'esercito regolare che si era pressoché disgregato). Non
potendo contare sull'appoggio dei partiti antifascisti che reclamavano
l'abdicazione del re, troppo compromesso col regime fascista, l'11 febbraio 1944
B. costituì un nuovo gabinetto "tecnico" su basi un po' più
larghe. Trasferitosi a Salerno, dopo che Togliatti e i capi degli altri partiti
antifascisti ebbero consentito a collaborare,
B. formò un terzo
gabinetto, ma, dopo la liberazione di Roma, quando la luogotenenza fu assunta
dal principe ereditario Umberto di Savoia, non gli fu possibile formare il
quarto per l'opposizione dei partiti del CLN che gli preferirono Bonomi. Si
ritirò allora a vita privata e nel marzo 1946, per la sua
corresponsabilità col Fascismo, fu dichiarato decaduto dalla carica di
senatore. Tutta la sua attività, dapprima come militare durante la prima
guerra mondiale, poi come capo di Stato Maggiore generale durante il regime
fascista e, infine, l'attività politica dopo il 25 luglio 1943, è
stata oggetto di vive polemiche, e di giudizi spesso molto severi. Ha lasciato
dei volumi di memorie:
La guerra d'Etiopia (1936);
L'Italia nella
seconda guerra mondiale (1946);
Rivelazioni su Fiume (1946) (Grazzano
Monferrato, ora Grazzano Badoglio, Asti 1871-1956).