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Babbitt.

Romanzo dello scrittore statunitense Sinclair Lewis, pubblicato nel 1922. È scritto in uno stile che, con naturalezza e senza pretese apparenti, si adegua al linguaggio quotidiano della classe media americana, più che altro con intenzioni satiriche. Quest'opera probabilmente meritò al suo autore, primo fra gli Americani, il massimo riconoscimento con l'assegnazione, nel 1930, del premio Nobel, nella cui motivazione B. ebbe speciale menzione. Il protagonista, G.F. Babbit, è un fortunato e benestante uomo d'affari che vive nell'immaginaria cittadina di Zenith, nel Middle-West. Giunto ai cinquant'anni conosce un'improvvisa e radicale crisi che lo porta a un passo da una ribellione pubblica e privata. Una serie di eventi (la malattia della moglie, il matrimonio del figlio), però, lo riconducono a poco a poco nell'alveo della normalità e del perbenismo. Pateticamente passerà al figlio le ideali consegne della sua rivoluzione mancata, sperando che la sua generazione sia in grado di aprire dei nuovi orizzonti. Il ritratto di questo americano medio, con i suoi mutevoli umori, la sua noia, il suo conformismo, i suoi vani e poco convinti tentativi di evasione, non è che una riedizione dell'ambito sociologico di tutti i lavori di Lewis, cioè la nuova borghesia affarista, materialista, immemore del passato e sradicata dalla terra che viveva nella provincia del Middle West. Questo romanzo, che più che un'opera d'arte si potrebbe definire una cronaca di costume e di caratteri, sorretta da una trama esilissima, ha importanza come punto d'inizio della letteratura satirica sulla classe media e i suoi stereotipi, anche se in questo caso la satira non arriva in profondità e pare risolversi in una ironica e quasi ambigua tolleranza.