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RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Profondo e rapido cambiamento nella vita economica che si verificò in Europa con l'affermazione dell'industria quale settore più dinamico e, infine, dominante. Si tratta, dunque, della fase di avvio o decollo dell'industrializzazione. L'epoca di questo cambiamento iniziò verso il 1780 e si concluse con i primi decenni (e secondo alcuni i primi anni) dell'Ottocento. La regione in cui avvenne fu l'Inghilterra. Dall'Inghilterra questa grande trasformazione si propagò a tutte le economie del continente: al Belgio, alla Francia, alla Germania, all'Italia, alla Russia. In questi paesi d'industrializzazione più tarda la rivoluzione industriale non seguì le caratteristiche della prima, quella inglese. Essa dovette prendere altre strade proprio perché il quadro di riferimento di ogni altra regione era stato modificato in profondità dall'industrializzazione avvenuta in Inghilterra. L'aspetto distintivo di questa rivoluzione è costituito dal rapido aumento della capacità produttiva grazie all'introduzione nei processi lavorativi di tecniche sempre più perfezionate ed efficienti. Proprio in ciò sta la differenza fra la vita economica che procedette la rivoluzione industriale e quella che la seguì. Prima la crescita della popolazione cozzava, a lungo andare, nel tetto dei limitati beni economici a disposizione, più o meno stabili a causa del lentissimo aumento della produttività. Nella competizione fra quantità di beni disponibili e numero di esseri umani, cresceva più rapidamente il numero degli esseri umani. In seguito aumentarono più rapidamente i beni. I livelli di vita migliorarono di conseguenza. Questa accelerazione della vita economica era ancora in corso nell'ultimo decennio del Novecento. La rivoluzione industriale si presentò, dunque, come una discontinuità: una cesura, cioè, che comparve in tutti gli aspetti dell'economia e che separò un movimento lento o stagnante da uno di rapida crescita. Questa discontinuità si rivelò prima di tutto nel movimento demografico. Il numero degli esseri umani, che era raddoppiato nei secoli fra la nascita di Cristo e il 1700, raddoppiò di nuovo dal 1700 al 1850, e poi ancora dal 1850 al 1930. Nella disponibilità di energia si ebbe il passaggio da un mondo a bassa intensità di energia a uno ad alta intensità. Alla fine del Settecento cominciò, infatti, l'impiego su ampia scala di combustibili fossili (non riproducibili); prima il carbon fossile e poi, nella seconda metà dell'Ottocento, il petrolio. Anche nella produzione industriale tutte le serie note rivelarono un forte balzo in avanti: da quelle del settore tessile a quelle della siderurgia. Proprio quest'ultima acquistò una posizione centrale nella vita economica, come non era mai stato prima. Lo stesso forte aumento si verificò negli scambi, sia in quelli con aree esterne che in quelli all'interno delle economie che si venivano industrializzando. A tutto ciò si accompagnarono anche modifiche nelle forme di organizzazione, soprattutto del settore industriale. Di particolare rilievo fu la diffusione della produzione accentrata: il lavoro di fabbrica. Per quanto la produzione accentrata, di cui la fabbrica è un caso particolare, esistesse già in precedenza, la sua diffusione si accrebbe. Le tecniche nuove, infatti, per i loro costi elevati, non erano più alla portata di piccoli artigiani indipendenti. Solo alcuni, gli imprenditori, furono in grado di sostenere quei costi. La maggioranza fu solo capace di partecipare all'attività industriale con la propria capacità lavorativa. Fra capitale e lavoro si verificò una separazione netta. Quanto alle ragioni che concorsero a generare la rivoluzione industriale, non c'è dubbio che il progresso tecnologico abbia svolto una funzione centrale. Esso contribuì più di altri elementi a generare la discontinuità. Carbon fossile e macchine ne furono gli ingredienti di base. D'altra parte, però, il progresso tecnologico non fu un fenomeno esogeno rispetto all'economia: un fenomeno che si sviluppò, cioè, al di fuori della vita economica. Deve essere spiegato col ricorso a tanti altri elementi in gioco. Certamente l'investimento del capitale svolse una funzione di rilievo: fornì alimento ai processi innovativi in corso e sostenne il progresso tecnologico. Ma anche il capitale, da solo, non sarebbe stato sufficiente. È possibile che l'aumento demografico, già in corso da qualche decennio prima della rivoluzione industriale, abbia stimolato la crescita della domanda di beni e l'offerta di manodopera. È consuetudine degli storici richiamare l'attenzione sui progressi nell'agricoltura inglese (rivoluzione agraria), almeno a partire dalla seconda metà del Seicento. È evidente, infatti, che uno spostamento dell'equilibrio della vita economica dal settore primario (l'agricoltura) al settore secondario (l'industria) è solo possibile quando nei campi si produce tanto da nutrire le famiglie che lavorano la terra e anche quelle che non la lavorano. Queste ultime diventano sempre più numerose quando l'industria si espande. La produttività delle prime deve, perciò, aumentare. Infine la forte crescita del commercio estero inglese e anche di quello interno fornirono alimento alla trasformazione complessiva. Nessuno di questi elementi basta, però, da solo a spiegare un fenomeno così complesso come quello della rivoluzione industriale. In sostanza essa fu l'effetto di una serie di cambiamenti, o innovazioni convergenti, nell'agricoltura, nei commerci, nella popolazione, nella tecnica. Tutti questi cambiamenti agirono cumulativamente in Inghilterra prima che altrove. Sarebbe un errore, tuttavia, concentrare l'attenzione solo sul quadro inglese. In realtà si trattò di un fuoco che dal luogo dove all'inizio era divampato si propagò rapidamente a gran parte dell'Europa. Condizioni favorevoli dovevano, perciò, esistere anche fuori dell'Inghilterra. La rivoluzione industriale fu figlia di una lunga serie di cambiamenti intervenuti nell'economia e nella società europea a partire dai secoli centrali del Medioevo: lenti progressi nell'agricoltura, più rapidi cambiamenti nell'industria, allargamento delle relazioni commerciali all'interno e fuori del continente, attenzione crescente al problema delle soluzioni tecniche nelle attività economiche. Quella dell'industrializzazione fu solo la fase in cui tante trasformazioni quantitative lente provocarono un vero salto di qualità.

P. Malanima

T.S. Ashton, La rivoluzione industriale 17601830, Laterza, Bari 1969; P. Deane, La prima rivoluzione industriale, Il Mulino, Bologna 1971; R.M. Hartwell, La rivoluzione industriale inglese, Bari 1973.
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