Uccelli.

Cartina dell'Italia

n VITA DEGLI ANIMALI - UCCELLI

b INTRODUZIONE

b ...

I due importantissimi fossili, in ottimo stato di conservazione e considerati da qualcuno appartenenti alla medesima specie a onta del diverso nome con cui furono descritti, devono infatti attribuirsi a volatili straordinariamente bizzarri, che avevano entrambe le mascelle provviste di denti impiantati in alveoli distinti, una lunga coda formata da numerose vertebre non molto diversa da quella delle Lucertole (con la differenza che su ciascuna vertebra ad ogni lato era inserita una penna), ali rivestite di penne, al pari del tronco, ma con tre dita libere e armate di unghie adunche all'estremità dell'arto, sclerotica fortemente ossificata, cavità cranica centrale più capace di quella dei Rettili anche se meno di quella degli Uccelli attuali, tibia e fibula non fuse tra loro, vertebre anficele (cioè incavate sulle due facce «a clessidra»), coste sottili e apparentemente prive di processi uncinati: caratteri chiaramente rettiliani, se si eccettua il rivestimento di penne; anzi, è molto probabile che se i due antichissimi Uccelli fossero giunti a noi senza che si conservassero le penne, essi sarebbero stati classificati fra i Rettili! Se il passaggio Rettile-Uccello è in sostanza documentato dai nostri due preziosissimi fossili, che rappresentano uno degli argomenti più convincenti della teoria evoluzionistica, non è altrettanto chiara la storia della classe nei milioni di anni che si susseguirono dall'epoca in cui vivevano le straordinarie creature alate rinvenute nel calcare litografico; bisogna infatti giungere fino alla fine del Cretaceo per imbattersi, come comprovano i testi fossili, in altri Uccelli, peraltro già molto simili a quelli attuali, anche se ancora provvisti di denti: si tratta degli Hesperornis e degli Ichtyornis, i cui resti provengono dai depositi del Kansas e che dovevano condurre un genere di vita già piuttosto specializzato, emuli i primi dei Pinguini, incapaci di volare ma probabilmente assai abili nel nuoto, i secondi delle Rondini di mare e dei Gabbiani. Bisogna poi portarci fino al Cenozoico per trovare infine degli Uccelli dai caratteri tanto simili alle specie odierne che quasi sempre possono essere non solo inseriti senza difficoltà nelle famiglie rappresentate attualmente, ma a volte addirittura confusi con specie viventi; questi ritrovamenti inoltre, se non proprio frequenti (probabilmente a causa della fragilità dell'ossatura degli Uccelli, che non li rende certo soggetti di facile conservazione), non sono neppure troppo eccezionali, anche se si tratta quasi sempre di ossa o di scheletri molto frammentari, di semplici orme o d'impronte di penne. Tornando, dopo questa indispensabile parentesi filogenetica, ai caratteri fondamentali della classe, possiamo perfezionare la definizione aristotelica dicendo che gli Uccelli sono Sauropsidi a sangue caldo e a temperatura costante (omeotermi come i Mammiferi ma non come i Rettili), con gli arti trasformati in ali, con la pelle coperta di penne (produzioni cornee molto simili, durante le prime fasi dello sviluppo, alle squame dei Rettili), con le mascelle modificate in un becco di forma assai varia, formato da due astucci cornei, le ranfoteche, che rivestono le mascelle, e con le dita dei piedi in numero mai superiore a quattro.

Gli strumenti degli uccelli: le funzioni del becco e la costruzione del nido

La forma del corpo degli Uccelli, una volta che li si privi delle penne, che non si consideri la grandezza né la foggia del becco e la struttura delle zampe e dei piedi, appare sorprendentemente costante, come abbiamo visto, ed è per lo più ovale, in relazione alle esigenze aerodinamiche del volatile; gli arti anteriori, ossia le ali, durante il riposo stanno ripiegate ai lati del corpo; il collo è cilindrico, più o meno lungo a seconda del numero di vertebre che lo formano, mentre la testa è quasi sempre tondeggiante. La pelle degli Uccelli non è mai fortemente corneificata come accade nei Mammiferi e perciò non va incontro, come quella di questi ultimi, a un intenso processo di desquamazione (si pensi alla «forfora» dell'uomo); essa è quasi del tutto priva anche di ghiandole cutanee, se non si considerano le ghiandole sebacee del condotto auditivo esterno, presenti in alcune famiglie: ne esiste solo una, importantissima, situata sul dorso della breve coda: si tratta dell'uropigio, una formazione ghiandolare - più che una vera e propria ghiandola - secernente una sostanza oleosa che il volatile, lavorando di becco, si spalma sulle penne per renderle impermeabili. Di enorme importanza sono invece le formazioni cutanee, rappresentate principalmente dalle penne, che costituiscono il carattere più tipico degli Uccelli, non essendo presenti in nessun altro gruppo animale, e grazie alle quali è reso possibile il volo. Le penne traggono origine da particolari papille di struttura in parte dermica, in parte epidermica, che affondano nel derma a formare un follicolo in cui s'impianterà la penna, che si forma sulla papilla stessa e che verrà prima o poi mutata; l'embriogenesi delle penne non differisce dunque sostanzialmente da quella delle squame rettiliane, con la differenza che quest'ultime, con la muta, eliminano la sola parte cornea di origine epidermica, mentre le prime vengono ricambiate totalmente e si ricostituiscono poi nel medesimo follicolo. Esistono tre specie di penne: quelle propriamente dette, o di contorno, così chiamate perché nel loro insieme determinano l'aspetto esteriore dell'animale; le piume, che formano un morbido strato sotto le penne di contorno, provvedendo alla conservazione del calore corporeo; e infine le filopiume, che formano per lo più il piumaggio degli Uccelli in tenera età e che sono destinate a cadere per essere sostituite dal piumaggio vero e proprio. A completo sviluppo e nella sua struttura tipica una penna di contorno è formata da un'asta centrale parzialmente cava, lo scapo, e da una lamina, il vessillo; dello scapo, la parte impiantata nella pelle, il calamo, è cava, e si apre inferiormente in un ombelico inferiore, entro cui penetra la papilla responsabile della formazione e dello sviluppo della penna (che è destinata via via ad atrofizzarsi), mentre superiormente esiste un'altra piccola apertura, l'ombelico superiore, al limite tra il calamo stesso e il rachide, che è la parte della penna (a sezione quadrangolare e solcata inferiormente) da cui si diramano le barbe, formanti con esso il vessillo. Le barbe, infatti, distribuite fittamente in due serie laterali, l'una a destra e l'altra a sinistra del rachide, costituiscono delle lunghe e strette lamine che formano con lo scapo un angolo acuto rivolto verso l'apice della penna, e recano allo stesso modo due serie laterali di filamenti minori che si estendono sul medesimo piano e che, uncinandosi fra di loro, conferiscono al vessillo della penna una notevole consistenza e una grande resistenza all'aria; tali filamenti, le barbule, verso la base della penna assumono per contro un aspetto lanuginoso e mancano di uncini. Il più delle volte inoltre presso l'ombelico superiore si nota un piccolo ciuffo a forma di pennello, il rachide accessorio, il quale al pari degli ombelichi, del solco del rachide e degli amuli delle barbule, si trova sulla faccia ventrale della penna, cioè in quella rivolta verso il corpo del volatile. Le piume, che sono ricoperte dalle penne di contorno e il cui insieme forma il piumino, sono invece caratterizzate dalla brevità del calamo e dalla mancanza di amuli alle barbule, che risultano di conseguenza libere; breve o del tutto rudimentale è il rachide, cosicché le barbe sono spesso direttamente impiantate sul calamo. Ne sono abbondantemente provvisti specialmente gli Uccelli acquatici, che devono evitare l'eccessiva dispersione di calore. Assai simile risulta la struttura delle filopiume, o penne primitive, che costituiscono il piumaggio esclusivo di molti nidiacei e che sono destinate ad essere presto sostituite dalle penne definitive; hanno infatti anch'esse rachide rudimentale o assente e barbe libere. La forma e la grandezza delle penne sono assai varie nelle diverse parti del corpo; esse inoltre non sono generalmente distribuite in modo uniforme su tutte le regioni del corpo, bensì sono impiantate entro particolari spazi detti pterilii, caratteristici per gruppi di specie e che naturalmente non appaiono che nell'animale spennato; fanno eccezione gli Sfenisciformi (cioè i Pinguini), gli Struzzi, i Chiwi e pochi altri Uccelli non volatori, il cui piumaggio è uniformemente distribuito sulla cute. Le penne più importanti sono quelle che costituiscono la superficie portante delle ali durante il volo e che sono dette remiganti; di esse distinguiamo le primarie, inserite sulla mano o, per essere più precisi, sul metacarpo e sul secondo e terzo dito, e le secondarie, portate dall'avambraccio; il loro numero varia per le prime quasi sempre tra nove e dodici, per le seconde tra nove e quaranta. Alla loro base le remiganti sono coperte e rinforzate dalle copritrici alari, di cui si distinguono numerose categorie a seconda del loro sviluppo e della loro ubicazione. Alle penne della coda, le timoniere o rettrici, è affidato il compito di dirigere il volo; da esse, che sono disposte a ventaglio su di una linea semicircolare sopra l'uropigio e che più spesso sono in numero di dodici, dipende altresì la forma della coda, che può essere rotonda, quadrata, appuntita, forcuta, eccetera. Anche le timoniere sono ricoperte alla base da altre penne di rinforzo, le copritrici della coda. Le penne degli Uccelli di solito presentano una grande varietà di colorazione, risultando a volte di tinte sobrie e poco appariscenti in modo da mimetizzare l'animale nel proprio ambiente, a volte assai vivaci ed eleganti, tanto che molto spesso vengono utilizzate dall'uomo a scopo ornamentale. Quanto alla natura dei colori, essi vengono distinti in due categorie principali, mentre se ne possono considerare diverse altre intermedie derivanti dall'interferenza fra i due tipi fondamentali. Distinguiamo perciò dei colori chimici o di assorbimento, che si devono sempre alla presenza di materia colorante, in forma di pigmento o di soluzione diffusa: il nero, il marrone ed il grigio dipendono, ad esempio, dalla zoomelanina, il giallo dalla zooxantina, eccetera; altri colori chimici sono il rosso e l'arancione. Colori fisici o di interferenza sono invece il verde (che assai di rado può derivare anche da un particolare pigmento), il blu, il violetto e tutte le magnifiche tinte metalliche che sono dovute alla riflessione parziale della luce non assorbita da parte di un pigmento scuro sottostante; in particolare le tinte metalliche variano a seconda della luce e della posizione dell'osservatore. Infine il colore bianco è dovuto alla riflessione totale della luce da parte di cavità piene d'aria. E' stato anche dimostrato che esiste una stretta relazione fra gli organi escretori, le ovaie e il piumaggio, in quanto molte scorie che non vengono espulse dai reni nei maschi si depositano nelle penne, conferendo loro una colorazione particolarmente brillante e venendo quindi eliminate solo con la muta, mentre nelle femmine le stesse vengono espulse con le uova. E' anche provato come l'ovaia sia responsabile anche della produzione di certi ormoni che determinano la comparsa di vivaci colori nel piumaggio: ciò serve anche a spiegare come mai le vecchie femmine, ormai inette alla funzione riproduttiva, vestano assai spesso l'abito maschile (si parla in questo caso di arrenoidia). Il piumaggio va soggetto a mute, cioè viene rinnovato totalmente o parzialmente una o più volte l'anno; ciò avviene in quanto le vecchie penne, ormai consunte e indebolite dall'uso e dal tempo, non svolgono più adeguatamente le loro funzioni protettive o portanti durante il volo. Le penne in genere cadono un po' per volta, di modo che l'Uccello è quasi sempre in grado di volare; fanno eccezione le Oche, le Anatre e i Cigni, nei quali la simultanea caduta delle remiganti impedisce il volo per un breve periodo. Di solito la vera muta, completa e totale, avviene in quasi tutti gli Uccelli una sola volta l'anno, alla fine dell'epoca delle cove, cioè in agosto, e viene detta autunnale; ma molte specie vanno soggette a una seconda muta, totale o parziale, anche prima dell'epoca delle cove, verso la fine dell'inverno, rivestendo spesso una livrea primaverile particolarmente vistosa in rapporto al periodo dell'accoppiamento (livrea nuziale), spesso preceduto da un rituale corteggiamento. Muta eclissale o regressiva è quella cui vanno soggetti molti Uccelli, specie di sesso maschile, all'epoca delle cove, spogliandosi della leggiadra livrea di nozze per rivestire un abito fosco e poco appariscente, non dissimile da quello delle femmine. Vi sono infine parecchie specie che assumono l'abito adulto fin dalla prima muta autunnale; altre invece non abbandonano quello giovanile fino al secondo o al terzo anno di vita: in tal caso è possibile distinguere altrettanti abiti giovanili differenti. Pressoché tutto il corpo degli Uccelli rivestito di piume o di penne; solo qualche zona della testa e del collo, in qualche caso, oltre a parte delle zampe e alle dita, ne è priva. Le zampe e i piedi sono tuttavia ricoperti da piastre, scudetti e scaglie cornee molto simili alle squame dei Rettili, con evidente funzione protettiva.

Uccelli: le funzioni del piumaggio. Il corteggiamento

Si osservano inoltre numerose altre formazioni cutanee, quali le creste, le caruncole e i bargigli, che ornano il capo di talune specie, costantemente più sviluppate nel maschio, e che possono assumere colorazioni anche assai vistose. Duplicature cutanee si estendono talvolta nelle forme acquatiche a riunire in modo più o meno completo le dita dei piedi in modo da costituire una membrana natatoria che include tutte e quattro le dita (Pellicani) o solo tre di esse (Oche ed Anatre); a volte la pelle forma invece solo dei lobi ai lati delle dita, come si riscontra negli Svassi. Anche le unghie, presenti costantemente alle dita del piede, sono di natura cornea. Più o meno appuntite e ricurve alle estremità, talora assumono uno sviluppo assai notevole, veri artigli atti a dilaniare la preda. In rari casi inoltre si osservano unghie anche alle dita dell'arto anteriore, cioè dell'ala: ciò si verifica, ad esempio, nel Nandù, che porta un'unghia al primo dito (a volte anche al secondo e al terzo), e inoltre nel Casuario, nell'Emù e nel Chiwi, che ne portano una al secondo. Anche lo sprone, carattere sessuale secondario che si riscontra, ad esempio, nei maschi dei Gallinacei, è generalmente provvisto di un'unghia. Unghie adunche e funzionali si riscontrano infine al secondo e al terzo dito dell'ala dei giovanissimi Hoazin, i quali se ne valgono per arrampicarsi vivacemente sui rami degli alberi; gli adulti ne sono invece del tutto sprovvisti. Formazione cornea di eccezionale importanza presente in tutti i rappresentanti di questa classe è infine il becco, costituito di due guaine, le ranfoteche, che rivestono entrambe le mascelle. Esso può presentare sviluppo e forma assai diversi in relazione alla funzione che deve svolgere e all'alimentazione del volatile. Carattere fondamentale per la sistematica, il becco serve principalmente per prendere il cibo e introdurlo nella cavità orale, spesso anche per spellarlo e per frantumarlo; in certe specie, come la Beccaccia, può fungere da organo di tatto; in altre, che lo hanno sottilissimo, come il Pendolino, viene impiegato alla stessa maniera dell'ago ed è in grado di intessere il materiale filiforme di cui si compone l'artistico nido; in altre ancora, come i Pappagalli, viene utilizzato come organo accessorio di arrampicamento. Lunghezza, forma e direzione del becco risultano straordinariamente varie; brevissimo, lungo cioè meno di metà della testa, risulta nel Codibugnolo, mentre nel Beccaccino è molto lungo; quanto alla forma, può presentarsi depresso, come nel Mestolone; compresso, come nel Pulcinella di mare; e inoltre a spatola, a cucchiaio, rotondo, cilindrico, conico, angoloso, a coltello, acuminato, eccetera. A volte accade che i margini delle due branche non si tocchino che alla base, mentre gli apici del becco, alquanto ricurvi, s'incrocino singolarmente (Crociere), oppure che la ranfoteca superiore, detta rinoteca perché vi sboccano le narici, sia più lunga di quella inferiore (la gnatoteca) e termini con un uncino rivolto all'ingiù: si ha così il rostro degli Uccelli rapaci. Riguardo alla direzione, il becco può essere diritto o ricurvo (all'insù nell'Avocetta, all'ingiù nel Chiurlo). Un caso particolare è quello degli Anastomi, in cui il becco ha le branche ricurve in modo che si toccano tra loro solo per un tratto alla base e verso l'apice, restando discoste nella parte mediana. Lo scheletro degli Uccelli è un'impalcatura solida e forte, completamente ossificata; nello stesso tempo risulta leggerissimo grazie alla specialissima conformazione delle ossa, che sono pneumatiche, fornite cioè di cavità interne in cui penetrano i cosiddetti sacchi aerei, speciali diverticoli dell'apparato respiratorio. Più o meno sviluppate in tutte le specie capaci di volare, queste strutture mancano per contro nei Pinguini, negli Struzzi e negli altri Uccelli inetti al volo. Il cranio degli Uccelli è relativamente grande e consiste di una capsula sulla quale spiccano delle orbite enormi e, naturalmente, il becco; esso è formato da un gran numero di ossa fuse tra di loro, tanto che allo stato adulto non si osservano più nemmeno le suture. Particolarmente importante dal punto di vista sistematico risulta la disposizione delle ossa del palato. Il cranio si articola alla colonna vertebrale tramite l'interposizione di un unico condilo, a differenza di quanto si riscontra nei Mammiferi, dove i condili sono due, e analogamente e quanto si può osservare nei Rettili. Le vertebre degli Uccelli, il cui numero varia fra le trentanove e le sessantatré, quando sono saldate fra di loro presentano la superficie articolare «a sella», sono cioè eteroceti (fanno eccezione solo quelle dei Pinguini e dei Gabbiani, con cavità articolare posteriore, cioè opistoceli, e quelle degli Uccelli fossili vissuti prima del Cenozoico, anficeti, cioè a cavità articolare anteriore). Ciò riscontriamo per lo più solo nelle vertebre della regione cervicale e toracica in quanto l'ultima (o le ultime) vertebre toraciche (complessivamente 5-6), tutte le lombari (5-6), tutte le sacrati (1-5) e le prime coccigee (complessivamente 15) sono saldate insieme così tenacemente da formare un lungo osso, il sinsacro cui si unisce il bacino; ricordiamo che per contro nei Mammiferi sono le sole vertebre sacrali a fondersi insieme per costituire l'osso sacro. Delle rimanenti vertebre coccigee peraltro risultano libere solo quelle intermedie, mentre le ultime di solito sono anch'esse fuse tra loro a costituire il pigostilo, l'ossicino della coda su cui s'innestano le penne timoniere. Da tutto ciò ben si comprende come il tronco degli Uccelli risulti particolarmente rigido, così come il collo è straordinariamente mobile grazie alla speciale articolazione delle vertebre cervicali, il cui numero varia fra le nove e le venticinque. Come nei Rettili negli Uccelli le coste non sono presenti nella sola regione toracica: esistono infatti coste cervicali e coste sacrali rudimentali unite ai processi trasversi del corpo delle vertebre. La particolarità più interessante delle coste degli Uccelli sta però nella presenza dei cosiddetti processi uncinati che, partendo dalla parte posteriore di ciascuna costa, toccano la successiva conferendo così maggior robustezza e stabilità alla gabbia toracica e favorendo la disposizione al volo. Lo sterno, posto davanti alla gabbia toracica, è un osso grande e piatto, convesso all'esterno e concavo internamente; sulla linea mediana esso porta un'ampia lamina verticale, la carena, che serve d'innesto alla possente muscolatura pettorale, quella cioè utilizzata durante il volo. Ne sono sprovvisti solo i Ratiti, cioè gli Struzzi e i loro affini, Uccelli del tutto inetti al volo e con le ali più o meno atrofiche, i quali vengono pertanto contrapposti dagli ornitologi a tutti gli altri Uccelli, riuniti nel vastissimo gruppo dei Carenati. Il cinto toracico, mediante il quale l'arto anteriore si articola alla colonna vertebrale, è formato dalle scapole, dai coracoidi e dalle clavicole; le prime, di foggia per lo più stretta e allungata, sono poste sul dorso delle costole, mentre i coracoidi uniscono queste allo sterno; le clavicole invece non raggiungono quasi mai lo sterno, saldandosi inferiormente insieme a formare la cosiddetta forchetta, a forma di V, di U o di Y. Negli Uccelli l'arto anteriore, trasformato in ala ma nel quale è riconoscibile la struttura tetrapode (ossia tipica degli animali a quattro zampe), è composto dall'omero e dalle due ossa dell'avambraccio, radio e ulna, cui seguono due sole ossa carpali; quest'ultime si articolano con il cosiddetto carpo-metacarpo, un osso di origine mista consistente di due cilindretti saldati alle estremità, cui seguono tre sole dita, cioè il pollice, il secondo ed il terzo, formate da una sola falange o da due (il secondo dito). Poche sono le eccezioni rispetto a questa disposizione: nel Chiwi e nell'Emù adulti è presente il solo secondo dito, mentre nell'estinto Moa, gigantesco Uccello attero della Nuova Zelanda, non si osservano tracce neppure del cinto toracico. A completare l'ala tra l'omero, cioè il braccio, e l'avambraccio, e tra il braccio ed il lato del tronco, si stendono due espansioni molli della pelle, i patagi anteriore e posteriore. E' sulla mano, cioè sul carpo-metacarpo e sul secondo e terzo dito, che s'inseriscono le penne remiganti primarie, mentre le secondarie si trovano innestate verso il bordo posteriore dell'avambraccio; il ciuffo di penne piantate sul pollice dietro l'angolo dell'ala forma la cosiddetta ala spuria (da non confondersi con la penna spuria, che è la prima remigante primaria). Il cinto pelvico degli Uccelli, che deve sostenere tutto il peso del corpo, è assai sviluppato ed è formato dalle tre tipiche ossa pari, ileo, ischio e pube. Nell'arto posteriore il femore, che si articola in una cavità (acetabulo) posta circa a metà dell'ileo, rimane tutto compreso entro la massa del tronco: la cosiddetta «coscia» dell'Uccello infatti è in realtà il polpaccio, quella parte dell'arto cioè che contiene la ridotta e sottilissima fibula e soprattutto la tibia! In realtà negli Uccelli è improprio parlare di tibia, in quanto quest'osso, assai sviluppato in relazione alla funzione di sostegno cui è delegato, si fonde parzialmente con alcune delle ossa del tarso e viene perciò detto tibia-tarso. Allo stesso modo le rimanenti ossa del tarso si fondono con quelle del metatarso formando un unico osso allungato, il tarso-metatarso, cui si articolano il secondo, terzo e quarto dito del piede; l'alluce invece possiede un suo osso metatarsale. Le falangi sono 1-2 nel primo dito, 3 nel secondo, 3-4 nel terzo e 4-5 nel quarto, mentre il quinto dito manca in tutti i rappresentanti della classe ornitica; diverse sono le specie tridattile, cioè provviste di tre sole dita al piede, mentre a possederne solo due c'è unicamente lo Struzzo. Anche riguardo all'orientazione delle dita si osservano diverse disposizioni, a seconda del modo di vita e del sistema di locomozione; per lo più l'alluce è rivolto indietro e le altre dita in avanti. Gli Uccelli attualmente viventi, come abbiamo detto, hanno le mascelle rivestite da un becco corneo e mancano assolutamente di denti. La prima parte del tubo digerente, l'esofago, più o meno lungo a seconda della specie, assai spesso si dilata in un gozzo o ingluvie, dove viene accumulato temporaneamente il cibo allorché il volatile, in luogo esposto o malsicuro, deve pensare più alla raccolta che alla digestione. Lo stomaco è generalmente distinto in due porzioni, l'una ghiandolare, il proventriglio, dove l'alimento ingerito e sottoposto all'azione dei succhi gastrici, l'altra muscolare, il ventriglio, dove il cibo più coriaceo viene triturato grazie all'azione combinata della spessa e robusta muscolatura gastrica e dello strato corneo che ne riveste le pareti interne. Questa disposizione è per altro tipica delle forme granivore o comunque vegetariane: in quelle esclusivamente carnivore esiste infatti uno stomaco pressoché indifferenziato. L'intestino tenue può essere più o meno lungo (quest'ultima disposizione, com'è regola generale di qualsiasi gruppo animale, si osserva nei carnivori), quello crasso è solitamente breve e il più delle volte dotato di due ciechi di varia lunghezza. Il tubo digerente termina con il retto, che sbocca in una cloaca dove si riversano anche i prodotti dell'apparato urinario e di quello genitale. L'apparato respiratorio degli Uccelli inizia con la laringe, la quale, a differenza di quanto avviene in altri Vertebrati, non ha alcuna funzione vocale; essa si continua con la trachea, protetta da anelli quasi sempre ossei, a volte anche notevolmente lunga e formante delle anse attorno all'ingluvie. I polmoni risultano relativamente piccoli e poco estensibili, ma sono straordinariamente vascolarizzati; in ciascuno di essi penetra uno dei due bronchi in cui si biforca la trachea. Ma la peculiarità più importante dell'apparato respiratorio degli Uccelli è costituita dai sacchi aerei, dilatazioni della mucosa bronchiale che si estendono fra i visceri, comunicando da un lato con i polmoni, di cui costituiscono un'appendice, dall'altro con le cavità aerifere delle ossa. Essi rendono possibile la respirazione in quanto, alternativamente dilatati e compressi, fungono da ventilatori: durante il volo grazie al movimento dei forti muscoli pettorali (responsabili anche del movimento delle ali), durante il riposo grazie alla muscolatura intercostale e addominale. Così viene assicurata una perfetta e completa ossigenazione del sangue anche in questi Vertebrati che mancano di diaframma e i cui polmoni, costretti entro una gabbia toracica particolarmente rigida, possono dilatarsi ben poco. Inoltre, grazie alla presenza di questi sacchi che si insinuano tra i visceri estendendosi in tutte le cavità del corpo, gli Uccelli beneficiano, un po' come gli Insetti, di un'«iperventilazione», vale a dire che l'aria inspirata si distribuisce in tutto il corpo. L'organo sonoro degli Uccelli, cioè quello che produce il canto, è costituito dalla siringe, situata al punto dove la trachea si divide nei bronchi; si tratta di una trasformazione degli ultimi anelli della trachea e del primo semi-anello di ciascun bronco: due pieghe della mucosa, vibrando per opera di particolari muscoli, funzionano come corde vocali ed il suono emesso viene modulato dalla diversa tensione di queste membrane. Ovviamente la siringe si presenta molto più complessa nelle forme canore che nelle altre. A questo punto non possiamo non fare alcune considerazioni fondamentali sulla voce degli Uccelli, che generalmente gli ornitologi distinguono in due fasi, il grido ed il canto; il primo, una monotona emissione di suoni uguali tra loro e ripetuti più volte, che però può variare a seconda delle circostanze, è un carattere specifico: generalmente si può distinguere dal secondo, che viceversa, consistendo di una sequela sonora variata e modulata, è squisitamente individuale. La circolazione degli Uccelli è assai simile a quella dei Mammiferi, essendo doppia e completa e non verificandosi pertanto alcuna mescolanza fra sangue arterioso e sangue venoso. Nell'apparato circolatorio si può peraltro osservare tra le due classi questa importante differenza morfologica: che negli Uccelli l'arco aortico piega a destra, nei Mammiferi a sinistra. Del sistema nervoso degli Uccelli, che è straordinariamente complesso, ci limiteremo a esporre alcune caratteristiche più significative. Nel cervello le parti più sviluppate risultano gli emisferi cerebrali, i lobi ottici e il cervelletto. I primi, più grandi di quelli dei Rettili, occupano buona parte della scatola cranica, toccando posteriormente il cervelletto; a differenza di quelli dei Mammiferi presentano una superficie del tutto liscia. Essendo poi la vita di relazione degli Uccelli fondata essenzialmente sulla vista, i lobi ottici risultano di conseguenza molto sviluppati; così come il cervelletto, grande e provvisto di numerosi solchi trasversali, agisce da stabilizzatore e da coordinatore dell'intensa attività motoria di questi Vertebrati. Il senso preponderante in questa classe è costituito, come abbiamo detto, dalla vista; secondariamente dobbiamo considerare l'udito, mentre l'olfatto e il gusto sono poco sviluppati. Infatti l'occhio degli Uccelli, che non può ruotare nell'orbita e che ha la forma di una lente biconvessa, il più delle volte è di un'acutezza veramente straordinaria, specialmente nelle specie predatrici, che sono in grado d'individuare anche da grandi altezze animaletti di taglia esigua; questo grande potere risolvente è dovuto al fatto che nella fovea, cioè nel punto di maggior sensibilità dell'occhio, dove si forma l'immagine, il numero di cellule, negli Uccelli, risulta circa cinque volte superiore a quello della specie umana. Gli occhi sono posti ai lati del capo nella stragrande maggioranza delle specie, sicché il settore in cui si attua la visione binoculare risulta quasi sempre non superiore ai 30°, contro i 140° dell'uomo; solo nei rapaci diurni e notturni, in rapporto alle abitudini predatorie, gli occhi tendono alla posizione anteriore, e il loro potere visivo si sovrappone rispettivamente per 50° e 60°. La posizione laterale degli occhi degli Uccelli peraltro fa sì che il loro campo visivo si avvicini all'angolo giro, mentre nell'uomo è poco più di metà. Ciascun occhio è provvisto generalmente di due palpebre; in qualche caso se ne osserva però anche una terza accessoria, la membrana nittitante, all'angolo interno. Nell'orecchio degli Uccelli è ben sviluppata, rispetto ai Rettili, la porzione auditiva, che consta della lagena (corrispondente alla chiocciola dei Mammiferi); la porzione statica è invece costituita, come del resto nella stragrande maggioranza dei Vertebrati, dai tre canali semicircolari. Gli Uccelli possiedono inoltre il cosiddetto organo paratimpanico, un diverticolo della mucosa della cassa timpanica grazie al quale l'animale percepirebbe l'entità della pressione atmosferica e perciò dell'altezza; bisogna tuttavia osservare che questa struttura non ancora ben decifrata la si ritrova in qualche altro Vertebrato non volatore. L'apparato escretore degli Uccelli è relativamente semplice: dai reni, di forma allungata e appiattita, posti nella cavità dell'addome di fianco alla colonna vertebrale, hanno inizio gli ureteri, che sboccano nella cloaca; quanto alle scorie, esse risultano dense e solide perché diluite in poca acqua: l'acido urico infatti, che in questi Vertebrati è il prodotto finale del ricambio azotato, è assai meno tossico dell'urea, escreta invece dai Mammiferi. L'apparato riproduttore nei maschi è fondamentalmente simile a quello dei Mammiferi; l'accoppiamento avviene per semplice contatto. Le femmine invece, essendo gli Uccelli tutti ovipari senza eccezioni, possiedono le strutture anatomiche atte alla fabbricazione dell'involucro dell'uovo. Nella stragrande maggioranza dei casi risultano inoltre sviluppati e funzionanti solo l'ovaia e l'ovidutto sinistri, mentre quelli di destra si presentano atrofici. Lo sbocco degli ovidutti, come quello del tubo digerente e degli ureteri, avviene nella cloaca. L'uovo degli Uccelli, cioè la cellula materna destinata a essere fecondata per svilupparsi in un nuovo essere, in senso stretto è il solo tuorlo; praticamente tuttavia s'indica con lo stesso nome tutta quanta la struttura, formata, oltre che dal tuorlo, dall'albume, dalla membrana testacea (che si trova sotto il guscio) e dal guscio stesso. Quest'ultimo, che è sempre duro e che è composto prevalentemente di carbonato e di fosfato di calcio, non è solo un rivestimento protettivo, bensì un vero e proprio serbatoio di sostanze minerali per l'embrione, che da esso ricava quasi tutto il calcio necessario alla formazione dello scheletro. Anche l'albume è un'importante riserva di sostanze nutritizie, specialmente azotate, ma la sua funzione principale è quella di proteggere l'organismo in formazione da eventuali infezioni, grazie a speciali sostanze battericide in esso contenute. E' peraltro il tuorlo a fornire all'embrione, che si sviluppa sulla sua superficie e che lo riassorbe man mano, la maggior parte dei materiali necessari, specialmente grassi e proteine. Durante lo sviluppo inoltre l'embrione è racchiuso dal sacco amniotico in una cavità ripiena di liquido che funge da perfetto isolante in caso di urti o di scosse che potrebbero danneggiarlo. L'amnios peraltro è presente anche nelle uova dei Rettili e dei Mammiferi, Vertebrati che si sviluppano sulla terraferma in ambiente secco o al più umido, mentre manca in quelle delle Lamprede, dei Pesci e degli Anfibi, i quali, vivendo in acqua tutta la vita o almeno nell'età giovanile, non hanno bisogno di una barriera liquida che protegga le loro uova.

Uccelli: dall'uovo all'età adulta

Dotati di un elevato grado di metabolismo, gli Uccelli sono, a differenza dei cugini Rettili, animali «a sangue caldo» (omeotermi): hanno cioè la capacità di regolare, entro certi limiti, la loro temperatura corporea rispetto a quella dell'ambiente esterno, anche se la loro omeotermia non raggiunge l'alto livello di quella dei Mammiferi; il loro «optimum» termico comprende infatti un intervallo di pochi gradi di temperatura, oltre i quali essi si trovano rapidamente in difficoltà via via maggiori, fino a morirne; sono per contro di gran lunga più resistenti al freddo, specialmente se ben nutriti. Diverse sono le caratteristiche anatomiche e morfologiche che tendono a evitare dispersioni di calore. Anzitutto il rivestimento delle penne, che forma uno strato pressoché continuo su tutte le parti del corpo suscettibili di variazioni termiche; in secondo luogo la struttura corporea, che negli Uccelli si presenta particolarmente accentrata: questi Vertebrati infatti non possiedono appendici sporgenti o tali da aumentare la superficie corporea, quali coda e orecchie, mentre per contro durante l'inattività il collo viene retratto e le ali ripiegate sui fianchi, così da diminuire al massimo la superficie esposta. Non bisogna poi dimenticare che quasi tutti gli Uccelli, specialmente le specie acquatiche, possiedono uno spesso strato di grasso sotto la pelle, che ha anch'esso la funzione di isolarli termicamente dall'ambiente. Va ricordato infine che le sole regioni del corpo implumi, cioè il becco e le zampe, sono praticamente prive di muscoli e composte in parte da tessuti morti (cellule corneificate od ossee) termicamente indifferenti, e infine che i sacchi aerei, avvolgendo i visceri, ne limitano notevolmente la dispersione di calore. La temperatura interna degli Uccelli è assai più elevata, in genere, di quella dei Mammiferi; essa varia fra quella del Kiwi, che non raggiunge i 38°, a quella di certi rapaci diurni, che superano i 44°. La maggior parte delle specie comunque ha una temperatura minima che si aggira sui 40°: ciò vale per lo Struzzo, il più grande degli Uccelli, così come per i ben più minuscoli Passeriformi. L'assoluta necessità di disporre di cibo in abbondanza a sostegno della loro pressoché incessante attività, e quella di mantenere costante la propria temperatura corporea, spingono moltissimi Uccelli a intraprendere delle migrazioni periodiche. Generalmente, per le ragioni testé esposte, queste avvengono verso latitudini più elevate durante la stagione calda, verso regioni più prossime all'equatore durante l'inverno. Ma il fenomeno, la cui dinamica e le cui cause profonde sono ancor oggi sconosciute benché siano state avanzate diverse interessanti teorie in merito, non è scevro di eccezioni; anzitutto esistono numerose specie sedentarie (che apparentemente non differiscono, specie dal punto di vista fisiologico, dalle migratrici); esse abitano regioni a clima freddo o freddissimo, o popolano i più alti gruppi montuosi tenendosi sempre alla medesima quota; in secondo luogo molti Uccelli iniziano già a migrare quando le risorse alimentari del territorio in cui si trovano ancora non scarseggiano affatto. Si è tentato di spiegare la maggior parte di questi fatti chiamando in causa le interferenze provocate dai più svariati fattori ambientali; oggi tuttavia si è inclini a ritenere che il complesso e misterioso fenomeno sia connesso alla fisiologia di questi Vertebrati, cioè ad attività ormonali analoghe a quelle che inducono vistose manifestazioni nel comportamento durante il corteggiamento e la riproduzione. Altra questione che ancor oggi è ben lungi dall'esser chiarita è quella relativa all'orientamento; in questo campo tuttavia sono stati fatti di recente approfonditi e pazienti studi che hanno fornito alla fine molte risposte abbastanza soddisfacenti, almeno per quel che riguarda certe specie. E' stato dimostrato, ad esempio, che la capacità di orientarsi degli Storni deriva da due componenti: l'una innata, che fa scegliere loro istintivamente una determinata direzione e ha come punto di riferimento di giorno il sole e di notte le stelle, l'altra frutto dell'esperienza, che può dirsi più propriamente navigazione e che consente loro di determinare la propria rotta, ed eventualmente di correggerne gli errori, grazie all'aiuto dei sensi tradizionali. Avviene così che in una formazione di questi Uccelli in fase migratoria, trasportata per esperimento molte centinaia di chilometri lontano dal luogo di cattura, solo gli adulti che negli anni precedenti hanno già compiuto il viaggio riescono a correggere la propria rotta fino a raggiungere la solita meta; i giovani nati nei mesi precedenti e che non hanno mai compiuto il viaggio si dirigono invece lungo una rotta parallela a quella che tenevano al momento della cattura, col risultato di raggiungere regioni estranee ai normali flussi migratori della specie, conseguenza della sola navigazione astronomica. Il sistema più attendibile per lo studio delle migrazioni consiste nell'inanellamento, cioè nella cattura di alcuni individui migranti cui viene fissato su di una zampa o in altra parte del corpo un anello metallico con speciali contrassegni e che vengono poi rimessi in libertà. Successive catture consentono quindi agli ornitologi di valutare l'entità e la direzione degli spostamenti compiuti, così da poter tracciare mappe assai precise delle rotte migratorie. Si è così potuto appurare che le specie europee dirette a sud seguono principalmente due linee, l'una passante per la Spagna, l'altra per l'Italia: gli Uccelli infatti sono tendenzialmente piuttosto riluttanti ad attraversare vasti bracci di mare senza possibilità di scalo e preferiscono seguire il più possibile ponti terrestri naturali, quali le due penisole mediterranee. Se è pur vero che alcune specie migrano isolatamente, nella maggior parte dei casi questo fenomeno stimola l'istinto gregario, sicché a volte si formano stormi così numerosi che con il loro passaggio oscurano letteralmente il cielo. Gli stuoli migranti procedono spesso in una caratteristica formazione a cuneo, al cui vertice sta un individuo che fa da guida e che di tanto in tanto si fa dare il cambio da un compagno. E' caso frequente anche che gli stormi siano costituiti da soli maschi o da sole femmine, oppure da individui della medesima età; così come può accadere che la formazione comprenda più di una specie. Le ore più favorevoli per migrare, per certe specie sono quelle diurne, mentre di notte esse interrompono il viaggio per riposarsi a terra; per altre è l'inverso. Di solito durante il volo gli Uccelli migratori non si tengono a quote molto elevate e raggiungono di rado i 1000 metri d'altezza, ma alcuni, come le Cicogne, passano a quasi 5000 metri, tanto che non è facile scorgerne le compagini. L'estensione delle rotte migratorie in certi casi ha veramente dell'incredibile: si pensi che la Rondine di mare codalunga si sposta annualmente dalle coste della Groenlandia e dall'Alasca, dove nidifica, fino all'Antartide, compiendo un tragitto di quasi 18.000 km! Altri eccezionali migratori sono il Piviere dorato del Pacifico, che supera i 13.000 km tra la zona di nidificazione e quella di svernamento, e la Berta fuligginosa, che sembra possa migrare su una distanza di 16.000 km. Oltre agli Uccelli che compiono regolari migrazioni tutti gli anni, e che perciò sono detti di passo regolare, ve ne sono altri che invece non passano che di tanto in tanto su di una determinata regione e perciò vengono indicati come di passo irregolare. Le specie che fanno escursioni più o meno ampie e saltuarie in un determinato territorio, rispetto a quello vengono dette erratiche. Il passo inoltre è doppio quando i migranti attraversano una determinata regione sia all'andata che al ritorno, ed è questa la condizione più frequente. Vi sono poi Uccelli estivi e invernali, rispettivamente quelli che giungono in un territorio a primavera per trascorrervi l'estate e quelli che arrivano in autunno per svernarvi. Stanziali, stazionari o anche sedentari vengono chiamati infine i volatili che non abbandonano mai i luoghi d'origine, trascorrendovi tutte quante le fasi della loro esistenza. Abbiamo visto come il piano strutturale e funzionale degli Uccelli sia strettamente correlato con la funzione del volo il quale, pur potendo differire in modo abbastanza grande da famiglia a famiglia o addirittura da specie a specie, può svolgersi essenzialmente in due diversi modi: o con il battito delle ali, ed è quello più frequente e che viene detto volo battuto, attivo o remato, oppure senza che le ali vengano necessariamente battute, e in questo secondo caso si parla di volo planato, passivo o a vela. Il volo battuto è attuato mediante movimenti alternati delle ali che vengono spinte in basso e in avanti, determinando, se l'ala stessa e le penne che la compongono vengono orientate in modo opportuno, un'impennata del volatile verso l'alto e in avanti; il movimento di ritorno dell'ala, in vista di una nuova picchiata, avviene all'indietro e verso l'alto ed è favorito dalla resistenza dell'aria. Ora, siccome la superficie di un solido è direttamente proporzionale ai quadrati delle sue dimensioni e al cubo della sua massa, ne risulta di conseguenza che gli Uccelli di mole maggiore per sostenersi in aria hanno bisogno di ali più grandi, dotate cioè di una maggiore superficie portante. Inversamente la resistenza che le ali grandi incontrano nel volo è ben superiore a quella che devono vincere quelle piccole, cioè appartenenti ad Uccelli di modesta mole. Da tutto questo deriva anche che la frequenza del battito delle ali aumenta generalmente con il diminuire delle dimensioni; ad esempio il Pellicano, che è il detentore del record di lentezza in questo senso, batte le ali con il ritmo di quattro volte ogni tre secondi, cioè di circa 1,3 battute al secondo; lo stesso movimento viene compiuto dagli Aironi e dalle Cicogne con la frequenza di due volte al secondo, di tre volte dai Cigni, di cinque dal Gabbiano comune, di dieci dal Piccione torraiolo. Per contro i Colibrì, che comprendono le più piccole specie ornitiche esistenti, riescono a battere le ali anche cinquanta volte in un solo secondo. Il momento di maggior consumo energetico si ha al decollo, quando cioè il volatile deve vincere una notevole inerzia e quindi accelerare più che può la frequenza del battito delle ali, il che avviene tanto più facilmente quanto le ali risultano piccole; è per questo che le grandi specie si sollevano quasi sempre con una certa difficoltà e che quando possono si lasciano cadere piuttosto da luoghi elevati (Falconiformi) o s'innalzano dopo una veloce rincorsa (Avvoltoi). Anche nello sviluppo delle ali peraltro esiste un limite, e se è vero che gli Uccelli di mole maggiore per sostenersi, in aria necessitano di superfici portanti e quindi di ali assai grandi e devono mettere in azione possenti muscoli pettorali, essi sono in grado anche di reggersi in volo volteggiando a lungo e con le ali apparentemente immobili: hanno cioè la facoltà del volo a vela, o volo planato, per realizzare il quale devono utilizzare abilmente le correnti d'aria ascensionali. Queste, che il più delle volte si formano quando un vento che spira in direzione orizzontale incontra un ostacolo e viene deviato verso l'alto, oppure per effetto del riscaldamento che subisce una massa d'aria quando viene a contatto con la superficie della terra, consentono infatti a questi veleggiatori di raggiungere quote assai elevate o di percorrere distanze incredibili facendo uno sforzo fisico di gran lunga inferiore a quello che dovrebbero sostenere con il volo attivo. Non si creda però che per questo l'Uccello non sia soggetto a fatica: a parte il notevole sforzo che senza dubbio deve fare per utilizzare nel migliore dei modi e con subitanea decisione i più sottili soffi di vento, inclinando opportunamente le penne della coda e delle ali, il volatile deve tenere le ali rigide e distese, con tutto il peso del corpo che grava ininterrottamente su di esse. Alcuni Uccelli, pochissimi in verità, sono atteri o comunque inetti al volo; alla prima categoria appartengono lo Struzzo, l'Emù, i Nandù, i Casuari ed il Chiwi con gli altri Atterigiformi, che hanno ali piccole o del tutto rudimentali; altri pennuti che pure hanno le ali perfettamente sviluppate non sono invece in grado di servirsene: tali il Kagu (Rhinochetus jubatus) della Nuova Caledonia, il Kakapo (Strigops habroptilus), pappagallo endemico dell'Arcipelago neozelandese e delle Isole Chatham, il Moho (Notornis mantelli), Rallide della Nuova Zelanda, l'Anatra antartica (Tachyeres cinereus), e qualche altro. Numerosissime sono poi le specie che non volano per abitudine, affidando la propria salvezza, in caso di pericolo, o alla livrea mimetica o alle gambe; molti Uccelli acquatici, come i Rallidi, preferiscono in genere tuffarsi sott'acqua. Tra gli Uccelli inetti al volo ricordiamo infine gli Sfenisciformi, cioè i Pinguini. I rappresentanti di quest'ordine, tutti quanti endemici delle regioni meridionali dell'emisfero australe, si sono infatti profondamente specializzati come nuotatori e hanno le ali trasformate in pinne, con le penne ridotte a singolari formazioni squamiformi. La velocità del volo degli Uccelli è stata spesso esagerata; i più veloci sarebbero comunque i Rondoni, che potrebbero superare i centotrenta chilometri orari. Rapidi volatori sono anche Oche, Anatre e Piccioni, che certe volte sono in grado di superare i cento all'ora.

Uccelli: il miracolo del volo

Se la morfologia degli Uccelli rivela un'innegabile uniformità, così non è della loro ecologia. I rappresentanti di questa classe sono infatti reperibili pressoché in tutti gli ambienti, dal livello del mare alle quote più elevate, dalle regioni più fredde a quelle più torride, dalle steppe alle foreste, dai deserti alle praterie. Sotto il profilo geografico allo stesso modo non esiste piccola isola o remota parte del globo che non sia allietata dal loro canto o almeno dalla loro fervida attività; le specie delle regioni tropicali inoltre si fanno spesso ammirare (come del resto quasi tutti i gruppi animali ivi rappresentati) per la vivacità della livrea e per la leggiadria dei colori. Ma di questi Vertebrati ciò che non può non suscitare il più vivo interesse sono soprattutto i fatti riguardanti il comportamento, sia individuale che collettivo, nonché le abitudini di vita. A quest'ultimo riguardo oltre alle migrazioni, su cui ci siamo già soffermati, meritano un cenno particolare i fenomeni inerenti la riproduzione, che sono accompagnati da vistose manifestazioni e che spesso mettono in rilievo le notevoli capacità psichiche e organizzative di questi animali; inoltre durante il periodo degli amori i maschi sfoggiano spesso abiti particolarmente vistosi, non solo per la bellezza e la colorazione del piumaggio, ma anche per lo sviluppo di certe penne. Il dimorfismo sessuale negli Uccelli non di rado è assai spiccato, tanto che le femmine, anche indipendentemente dall'epoca riproduttiva, quasi sempre si distinguono facilmente dai compagni per la livrea più modesta e per l'assenza di escrescenze carnose quali creste, bargigli, caruncole, eccetera. Questi caratteri sessuali secondari sono dovuti in buona parte all'attività di particolari ghiandole endocrine, com'è stato dimostrato in seguito a interessanti esperimenti di castrazione, in seguito ai quali gli Uccelli operati assumevano i caratteri esteriori del sesso opposto. Quanto alla costituzione del nucleo familiare, che generalmente rimane unito per un periodo limitato, distinguiamo le specie monogame, che sono la maggioranza, da quelle poligame come, ad esempio, molti Galliformi, nell'ambito delle quali il maschio custodisce gelosamente il suo harem di femmine, azzuffandosi magari ferocemente con i rivali; durante queste lotte per il possesso delle femmine i contendenti non di rado sostituiscono ai veri e propri atti di ostilità atteggiamenti rituali, danze frenetiche o voli acrobatici. Per allettare la femmina ad accettare le sue attenzioni il maschio mette in mostra tutti i suoi ornamenti facendo la parata, ossia ostentando quanto più può, con un particolare modo d'incedere e di muoversi, le parti più appariscenti del suo piumaggio, oppure, se si tratta di specie dove i caratteri sessuali secondari sono irrilevanti, facendo sfoggio della propria voce, il cui timbro può essere diverso all'epoca degli amori, o ancora imponendosi all'attenzione della compagna con svolazzamenti, movimenti eccitati, ondeggiamenti ritmici del capo o delle ali. Tra gli Uccelli monogami di regola il legame è solo stagionale e perdura per tutto il periodo della nidificazione, della cova e dello svezzamento della prole; esistono però anche specie in cui i coniugi fanno coppia fissa per tutta la vita. Alla ricerca del «partner» e alla formazione della coppia nuziale fa seguito il compito della nidificazione, cui si accingono entrambi gli sposi. Il nido infatti rappresenta la costruzione più o meno accurata, edificata nei luoghi più diversi, dove la femmina deporrà le uova e verranno allevati i piccoli, dopo di che verrà abbandonato per essere magari riutilizzato l'anno successivo dalla medesima o da altre coppie; vi sono però molti Uccelli che si rifugiano in un nido anche al di fuori dell'epoca riproduttiva. Altri non costruiscono nido di sorta, limitandosi a deporre le proprie uova direttamente sul terreno, nelle fessure delle rocce o nelle cavità degli alberi, oppure preferiscono utilizzare nidi di altri Uccelli o tane abbandonate da altri Vertebrati. Com'è noto, il Cuculo non solo non fabbrica nido, ma depone le uova in quello degli altri, in modo che la propria robusta e vorace prole viene allevata a spese di quella dei legittimi proprietari, che il più delle volte viene addirittura ferocemente spodestata dai tirannici intrusi. Un cospicuo numero di Uccelli tuttavia costruisce il proprio nido, manifestando in ciò una notevole capacità adattativa e organizzativa; un incavo del suolo, una biforcazione tra due rami, una crepa nel muro e altri posti adatti vengono foderati, con cura più o meno grande, di fuscelli, di erba, di lana, di crini, di piume e di altri materiali soffici atti ad attutire eventuali colpi che potrebbero danneggiare le uova. In genere è il maschio che s'impegna alla ricerca del materiale edilizio adatto, mentre la femmina si occupa della costruzione, nella quale si vale del becco e delle zampe che adopera febbrilmente, concedendosi brevi soste solo per nutrirsi. Se alcuni pennuti costruiscono nidi rozzi e mal rifiniti, per contro altri manifestano una mirabile tecnica, che li porta a creare dei veri capolavori al termine di un lungo e paziente lavoro di tessitura; non si può non rimanere stupefatti di fronte al meraviglioso nido pensile a forma di pera del Pendolino, né ai veri e propri villaggi aerei delle colonie di Ploceidi. Enormi assembramenti di nidi si osservano talora in certi luoghi, frutto dell'opera di certe specie in cui l'istinto gregario si fa ancora più pressante durante il periodo della riproduzione; ciò si può verificare specialmente fra gli Uccelli marini, che si riuniscono in colonie a volte assai numerose, anche se poi ogni coppia si occupa solo delle proprie uova e dei propri nati. Quest'ultimo è il caso della maggior parte dei Pinguini, anche se la specie maggiore dell'ordine, il Pinguino imperatore, non depone mai il proprio unico uovo sul freddissimo suolo antartico, bensì lo porta alloggiato in una speciale tasca ventrale per tutta la durata dell'incubazione. Il numero delle uova deposte per essere incubate in un determinato periodo, cioè la covata, varia da uno a una ventina; il loro sviluppo richiede una temperatura costante di 38-40°, per mantenere la quale la madre, il padre o entrambi i coniugi vi si accovacciano sopra, cioè le covano. L'incubazione delle uova richiede un tempo variabile a seconda della specie; in genere le uova piccole si schiudono prima di quelle grandi; così mentre i più piccoli Passeriformi portano le uova alla schiusa in soli 10-12 giorni, i grandi Falconidi le covano per quasi due mesi. Vi sono anche Uccelli che non covano affatto, come i Megapodidi del Nuovissimo Mondo, i quali accumulano ammassi di fogliame marcescente sulle proprie grossissime uova, affidandone lo sviluppo al calore che emana dalla fermentazione di quel materiale. Quanto alle uova, esse risultano di forma, dimensioni e colorito assai variabili; sono sferiche nei Gufi, piriformi nei Pivieri, quasi coniche nelle Urie e in altri Uccelli di scoglio (in modo che non possano ruzzolare facilmente dalle rocce sulle quali vengono deposte), allungate negli Aironi, biconiche negli Svassi, ovali nella maggior parte delle altre specie. La grandezza relativa delle uova dipende di solito dalla mole della specie che le ha deposte; così l'uovo dello Struzzo ha la stessa capacità di una trentina di uova di gallina, mentre quello dell'Aepyornis, gigantesco uccello estinto del Madagascar, sarebbe stato pari in volume a ben 150 uova di cortile! Il primato negativo delle dimensioni spetta viceversa, com'è del resto facile presumere, a certi Uccelli-mosca, le cui uova non raggiungono neppure il centimetro di lunghezza nel diametro maggiore. In molti casi tuttavia si può osservare che Uccelli di statura pressoché uguale depongono uova molto dissimili quanto a dimensioni: così l'enorme uovo dell'Uria, la quale è grande circa quanto il Corvo, è almeno dieci volte più grande di quello di quest'ultimo. Le uova variano molto di colorito, anche nell'ambito della medesima specie, nello stesso individuo e nella stessa covata; ve ne sono di bianche immacolate, di gialle, di azzurre, di verdi e di rosa concolori, ma più spesso, per evidenti scopi mimetici, esse risultano fregiate di chiazze, di macchioline e di geroglifici anche molto complicati e di difficile descrizione; la disposizione e lo sviluppo del disegno sono dovuti ai movimenti spirali dell'uovo durante il passaggio nell'ovidutto. I piccoli degli Uccelli si sogliono dividere in due categorie, anche se fra l'una e l'altra esistono tutti i termini di passaggio: vengono distinti i precoci o nidofughi dagli inetti o nidofili; i primi infatti, ricoperti di piumino, sono in grado di seguire la madre, che si occupa di loro finché non sono del tutto indipendenti, fin dalla nascita, riuscendo persino a cercarsi l'alimento; i secondi nascono a uno stadio di sviluppo molto più arretrato, sono nudi e ciechi e necessitano di cure parentali molto più assidue, dipendendo in tutto dai genitori. Un caso speciale è quello dei già citati Megapodidi, i cui piccoli sono completamente indipendenti fin dalla nascita. Gli Uccelli occupano un posto di primaria importanza nell'economia umana, nella tradizione culturale e nel campo scientifico. A parte il grande interesse che questi Vertebrati suscitano con le loro straordinarie manifestazioni comportamentali, cui abbiamo accennato più sopra, e all'ammirazione che possono destare con le loro forme e con il loro variopinto piumaggio, essi presentano anzitutto una grande importanza pratica. Fin dai tempi più remoti infatti gli Uccelli di certe specie sono stati ridotti allo stato domestico, fornendo all'uomo carne e uova per nutrirsi e penne per adornarsi. Attualmente l'avicoltura è impostata anche su basi industriali e in questo senso è una delle più importanti branche della zootecnica. Oltre alle specie allevate per scopi alimentari o comunque utilitari, diffuse in ogni parte del mondo che sia abitata dall'uomo, sono state introdotte ovunque molte forme puramente ornamentali, che raccolgono attorno a sé un numero sempre crescente di appassionati; basti pensare al Canarino, uccellino originariamente dal piumaggio abbastanza uniforme e non particolarmente appariscente, ma del quale sono state ottenute parecchie decine di razze dal piumaggio stravagante e dal colorito più vario attraverso pazienti e rigorose selezioni. Specialmente nei paesi più densamente popolati e più intensamente civilizzati gli Uccelli hanno subìto, specialmente nel corso dell'ultimo secolo, una diminuzione preoccupante. Ciò si deve principalmente alla caccia, spesso spietata, irrazionale e insensata, che ormai in ben poche parti del mondo viene praticata esclusivamente a scopo alimentare; il più delle volte la distruzione pressoché totale di certa selvaggina stanziale o migratoria viene giustificata infatti con motivazioni egoistiche e di comodo, così come non sempre vengono rispettate le purtroppo permissive disposizioni venatorie. Molti Uccelli peraltro rimangono vittime degli inquinamenti cui vanno soggetti i loro ambienti da parte delle scorie provenienti dagli insediamenti umani; inoltre specialmente gli insettivori, che si nutrono a volte di piccoli Artropodi già intossicati dagli antiparassitari, restano spesso avvelenati da sostanze tossiche, che si accumulano nel loro organismo fino a riuscire loro letali. Molti Uccelli tropicali dallo splendido piumaggio sono anche, per fortuna in passato ben più che oggi, ambita preda delle popolazioni locali, che si adornano delle loro penne o che ne fanno commercio. Per fortuna questi Vertebrati possono tornare utili anche senza dover sacrificare le loro vite: l'ammasso di escrementi che si forma sugli isolotti oceanici che spuntano al largo delle coste occidentali del Sudamerica, prodotto da milioni di Uccelli marini che vi nidificano, è infatti un ottimo fertilizzante, che contiene specialmente azoto, fosforo e potassio; è noto con il nome di guano. Un tempo si discuteva anche sull'utilità o sulla nocività agricola di questa o di quella specie ornitica, a seconda che fosse insettivora oppure granivora o frugivora; assodato che il limite fra i diversi regimi alimentari non è mai ben netto e a volte differisce nell'ambito della stessa specie a seconda della stagione, attualmente si preferisce impostare il problema in modo meno ristretto, grazie alle sorprendenti rivelazioni fornite dai più recenti studi di ecologia. Infatti molte specie che potrebbero apparire direttamente ausiliarie dell'agricoltura, in quanto limitano la diffusione di certi insetti loro prede d'elezione, provocano indirettamente il proliferare di un altro membro della catena alimentare, che magari è ben più nocivo delle loro piccole prede, dalle quali è a sua volta predato: cosicché alla fine risultano dannose. Secondo il Mayr, che nel 1944 tentò un calcolo approssimativo del numero degli Uccelli viventi, alla classe ornitica apparterrebbero circa 8.500 specie, suddivise in almeno 27.000 sottospecie e ascritte a circa 2600 generi. Dell'avifauna italiana fanno parte quasi 400 specie, mentre il numero complessivo delle forme sale a 520. Questi Vertebrati vengono suddivisi nelle due sottoclassi degli Archeorniti o Saururi (che comprendono i soli Archaeopteryx e Archaeornis, straordinarie creature del Giurassico superiore che, come abbiamo visto più sopra, avevano una lunga coda di tipo rettiliano, denti impiantati in alveoli e vertebre anficeli) e dei Neorniti o Ornituri. Quest'ultima, che comprende tutte le forme attuali, viene distinta da molti ornitologi in tre superordini: Odontognati (che noi non tratteremo e che comprendono Uccelli del Cretaceo di forme non dissimili dagli Uccelli attuali ma dotati di denti, cioè gli Hesperornis e gli Ichthyornis), Paleognati e Neognati. I Paleognati differiscono dai Neognati per la forma del palato; senza scendere in particolari, diremo solo che nei primi le ossa palatine non si articolano tra di loro, nei secondi sì. Inoltre, mentre i primi sono solitamente del tutto inetti al volo e il loro sterno quasi sempre manca della carena su cui trovano innesto i muscoli alari, i secondi sono in genere buoni volatori, provvisti di carena sternale. Nella nostra classificazione preferiamo tuttavia seguire il parere del Grassé, che suddivide i Neorniti, elevati ad un grado sistematico superiore assieme agli Archeorniti, nelle tre sottoclassi dei Ratiti (con gli Struzzi e gli Atterigi), degli Impenni (con i Pinguini) e dei Carenati (tutti gli altri Uccelli viventi).

16 Mar. 2025 5:22:06 am

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